L’investire seguendo i criteri ambientali, sociali e di governance (ESG) può sembrare un concetto semplice: significa puntare su in aziende con pratiche sostenibili e sperare di generare buoni rendimenti,
ma, in realtà, gli ESG stanno vivendo una sorta di crisi d’identità. Sono un’alternativa per investire in modo etico? O per selezionare aziende ben avviate? Dei codici segreti per una performance di portafoglio superiore alla media?
Quest’anno, la risposta sta diventando chiara: niente di tutto ciò. Dopo le accuse di greenwashing, si è discusso a livello pubblico della soggettività delle linee guida degli ESG. Lo scorso trimestre, i fondi ESG, con sede negli Stati Uniti, hanno registrato i primi deflussi in oltre cinque anni. Se si esaminano le statistiche di performance, quest’anno i titoli legati agli ESG stanno perdendo terreno rispetto all’S&P 500, per la prima volta dal 2017*.
Le prestazioni passate non sono indicative dei risultati futuri.
Gli ESG non sono inutili, ma quest’anno ci hanno insegnato che tutti abbiamo bisogno di guardarli da una prospettiva diversa.
Una misura del rischio
Per gli investitori pratici, la strategia giusta potrebbe essere cercare aziende che operano meglio di altre. Va bene, siamo tutti qui per vivere al meglio le nostre esperienze finanziarie,
ma a volte ci concentriamo troppo sul rendimento e ignoriamo il rischio. I mercati ribassisti, come la condizione in cui ci troviamo ora, ne sono un chiaro esempio.
Ci sono due tipi di rischi da considerare. Uno è il rischio sistemico, incentrato su fattori che possono incidere sull’intero mercato: economia, politica monetaria, crisi politiche sconosciute, ecc. L’altro è il rischio non sistemico, basato su fattori che influiscono su una specifica azienda o settore. Entrambi sono importanti da considerare e si possono gestire in modi diversi.
I punteggi ESG e le valutazioni ci possono aiutare a misurare il rischio non sistemico in modo non tradizionale, al di là dei numeri presentati nello stato patrimoniale o nel conto economico. Bisogna pensare agli ESG come alla quantificazione del non quantificabile, ad esempio, della sostenibilità delle politiche energetiche di un’azienda o della diversità dei suoi dirigenti. In effetti, secondo il nostro sondaggio “Retail Investor Beat”, circa il 39% degli investitori utilizza i punteggi ESG per ottenere informazioni aggiuntive sui propri investimenti.
Un punteggio ESG non ci sarà di supporto per valutare la quantità di denaro che un’azienda può incassare, ma può darci informazioni sulle pratiche commerciali obsolete, sulle condizioni di lavoro non-sostenibili e sui rapporti di potere squilibrati all’interno dei vertici aziendali. Nel tempo, questi problemi possono far lievitare i costi operativi ed erodere la fiducia nella gestione. Inoltre, in un mondo in cui le informazioni si muovono alla velocità della luce, un piccolo passo falso può trasformarsi in una costosa crisi di PR.
È anche importante capire come molti investimenti si scontrino con gli stessi fattori di rischio legati agli ESG. Abbiamo un portafoglio troppo orientato verso l’energia tradizionale o che include un numero sufficiente di aziende climate-friendly? Le aziende scelte operano in paesi del terzo mondo con scarso rispetto dei diritti umani? I punteggi ESG possono aiutarci a misurare quanto il denaro sia soggetto a shock imprevedibili, come le crisi delle materie prime o le tensioni geopolitiche.
Un senso di controllo
Tutti vogliamo avere il controllo sul nostro denaro: come lo guadagniamo, come lo spendiamo, dove lo investiamo, ma quando si punta su un’azienda, si agisce per fiducia, a prescindere da quanto si conosca il piano aziendale o l’andamento del titolo. Al giorno d’oggi, le grandi aziende poliedriche sono la norma nel mercato azionario. Basti guardare ad Amazon: è un rivenditore online che recentemente si è avventurato nel settore alimentare, nella domotica e nei contenuti in streaming. Le aziende si evolvono nel tempo e dobbiamo capire cosa sta succedendo.
In passato, si potevano analizzare i rendiconti finanziari per comprendere entrate e uscite di un’azienda, ma richiedeva tempo e competenze. Ci sono migliaia di fondi scambiati sul mercato che offrono un’esposizione a diversi temi, come i meme, il metaverso, persino stock di ticker interessanti, o che possono fornire un’idea su ciò che guida i risultati dei titoli che preferiamo.
Anche in questo caso i dati ESG sono utili, perché possono non dipingere il quadro completo di un’azienda, ma possono fornirci maggiori informazioni sul suo ciclo vitale e sulla sua liquidità, in modo da avere una maggiore cognizione di ciò in cui sta investendo. Sarebbe meglio evitare di investire in un’azienda che partecipa al fracking? Non siamo obbligati a investire in un titolo e possiamo prendere le nostre decisioni più facilmente grazie ai dati ESG che segnalano varie pratiche commerciali sempre più soggette a controlli. Anche gli investitori lo vogliono: circa il 43% degli intervistati nel nostro sondaggio “Retail Investor Beat” ha dichiarato di utilizzare i dati ESG per assicurarsi che gli investimenti siano in linea con la propria etica.
Bisogna comunque fare attenzione. Anche se non c’è niente di sbagliato in questo, è sempre meglio fare le proprie ricerche prima di ritenere un’azienda “etica” o no. Gli standard ESG possono raccontare solo una parte della storia e il punteggio complessivo può essere il riflesso di un’azienda che si concentra molto su un solo aspetto.
Una regola generale
È stato un anno difficile per gli ESG e, sebbene il concetto vada nella giusta direzione, è sempre bene capire a fondo ciò che si sta guardando. I dati ESG possono essere uno strumento efficace per valutare il rischio e controllare la posizione in cui si investe.
Ecco una semplice regola empirica: chi usa gli ESG per capire dove finisce il proprio denaro, probabilmente è sulla strada giusta. Chi pensa agli ESG come soluzioni per salvare il mondo, forse ha bisogno di guardare in faccia alla realtà.
*Dati ricavati da Bloomberg. Può essere reso disponibile su richiesta.
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