Altro che la settimana scorsa: questo mercoledì è stato il vero Giorno della Liberazione (almeno per Wall Street). Un rimbalzo così non si vedeva da anni. Anzi, da decenni. Il 9 aprile 2025 l’S&P 500 ha registrato una delle escursioni intraday più violente dal 1982: +10,8% dal minimo al massimo. È stata la quarta più ampia nella storia recente, superata solo dalle giornate successive al Black Monday del 1987 e dalla crisi del 2008.
Eppure, solo pochi giorni prima, il mercato scontava uno scenario tutt’altro che benigno: probabilità di recessione USA vicina al 70%, ora ridotto al rango di lancio della monetina, inflazione ancora vischiosa, politica monetaria rigida, tensioni geopolitiche crescenti e il ritorno della guerra commerciale come rischio sistemico.
Una crisi di fiducia era già in corso. Poi, nel giro di poche ore, la narrativa si è ribaltata. Non per un dato macro. Non per una trimestrale. Ma per una sequenza calibrata di post su Truth Social. E qui sta la vera differenza rispetto ad altre correzioni: un singolo post, oggi, può cambiare l’umore del mercato.
Alle 16:37 (ET), Donald Trump rompe il silenzio su Truth: “THIS IS A GREAT TIME TO BUY!!! DJT”.
Due ore dopo, alle 18:18, arriva l’annuncio ufficiale: Tariffe contro la Cina portate immediatamente al 125%, tregua di 90 giorni sui dazi reciproci per i Paesi non ostili, e riduzione al 10% delle tariffe medie sugli altri fronti, esclusi auto, acciaio e alluminio.
Nel cuore della notte, alle 7:45 del mattino dopo, Trump completa la regia: “What a day, but more great days coming!!!”
Una coreografia per il mercato. E il mercato ha risposto. Buy the dip, in versione estrema. L’S&P 500 è volato del 9,5%, segnando la miglior seduta dal 2008 — e la terza più ampia dal 1950. 495 titoli dello S&P 500 hanno chiuso in positivo — uno dei rari casi in cui oltre il 98% dell’indice si muove nella stessa direzione in una singola seduta. Il Nasdaq 100 ha fatto ancora meglio: +12%, con solamente un titolo, Exelon Corporation, che ha chiuso in negativo (seppur marginale a -0,43%).
A brillare, anche i leader tech. Tesla +22%, Nvidia +19%, Apple +18%. Insieme, le Magnifiche 7 hanno generato ieri 422 punti di contributo all’S&P 500 — pari a circa il 40% del rialzo dell’indice. Un portafoglio equiponderato delle Magnifiche 7, ribilanciato annualmente, ha messo a segno un balzo di oltre il 14% in un solo giorno — il miglior risultato da quando sono disponibili i dati, maggio 2012. Meglio del rimbalzo Covid. Meglio del lancio di ChatGPT. Un rimbalzo storico. Spinto più dal posizionamento che dai fondamentali.
Anche le small caps USA, misurate dal Russell 2000, hanno partecipato al rally (+8,7%). Ben 1883 titoli ieri in rialzo. È stato un classico short squeeze. Ma con volumi da panic buying.
Molti titoli dello S&P 500 hanno recuperato tutte le perdite post-Rose Garden in una manciata d’ore. È il paradosso dei mercati: i giorni migliori arrivano quando la fiducia vacilla di più. Perdersi le sedute giuste, spesso, è più costoso del sopportare la volatilità.
Il 9 aprile ne abbiamo avuto la prova: chi era fuori dal mercato ha perso in una sola seduta quanto avrebbe impiegato mesi a recuperare. E non è un’eccezione. Il grafico qui sotto lo mostra bene: confronta due strategie di lungo periodo sull’S&P 500. Da una parte, il classico Buy & Hold. Dall’altra, un approccio di market timing basato sul sentiment degli investitori, che chiameremo “Fuga dalla Paura”.
Come funziona? La strategia esce dal mercato ogni volta che il Bull-Bear Spread settimanale — ovvero la differenza tra percentuale di investitori rialzisti e ribassisti nel sondaggio AAII — scende sotto lo zero. In altre parole, ogni volta che la paura prevale sull’ottimismo, l’allocazione viene azzerata. Il rientro avviene solo la settimana successiva, se e quando lo spread torna positivo.
L’idea è semplice: evitare i drawdown nei momenti di massimo panico. Ma il problema è noto: i mercati rimbalzano prima che l’umore cambi. E chi aspetta segnali di conforto, spesso resta fuori dai giorni migliori. Il risultato è netto. La Fuga dalla Paura offre un viaggio più tranquillo, ma a un costo salatissimo in termini di performance. Chi ha seguito questa logica, negli ultimi 38 anni circa, ha guadagnato meno della metà rispetto al semplice Buy & Hold. In teoria, scappare dalla paura riduce il rischio. In pratica, taglia le gambe al rendimento.
E il 9 aprile è stato solo l’ennesima conferma: i mercati non premiano la prudenza. Premiano la presenza. Chi è fuori, resta indietro.
Il VIX si sgretola. La volatilità si è liquefatta. Il VIX è ieri crollato del 35,72%, da 50,98 a 33,63 punti (ancora alto). È il più ampio calo giornaliero nella storia dell’indice. Una reazione emotiva, più che razionale. La tregua è iniziata. Ma non è detto che duri.
La Fed osserva, senza cambiare passo. Le minute del FOMC hanno confermato un dilemma aperto: inflazione ancora resistente, crescita che rallenta, mercato del lavoro in raffreddamento. Il presidente della Fed di Richmond, Barkin, ha rimesso al centro la durata dei dazi come elemento chiave per la politica monetaria. La reazione del mercato è stata netta: le probabilità di un taglio dei tassi a maggio sono crollate dal 45% al 18%, con i Fed Funds ora attesi 20 punti base più alti a fine anno.
Trump ha concesso una tregua, non ha firmato la pace. La reazione dei mercati è stata storica, ma resta tattica. La Fed osserva, ma non si sbilancia. L’Europa risponde. La Cina incassa, ma rilancia. I grandi investitori leggono in tutto questo l’inizio di un nuovo ordine commerciale, non la fine delle tensioni. Il rally? Violento, tecnico, spettacolare. Ma tutt’altro che strutturale.
Inflazione: numeri in arrivo, ma con ritardo
Oggi escono i dati sul CPI di marzo: atteso un rallentamento dell’headline al 2,6% e del core al 3%. Ma i nuovi dazi sono entrati in vigore il 9 aprile: l’impatto si vedrà solo nei prossimi mesi. Nel frattempo, il breakeven a 10 anni è sceso sotto il 2,3%, vicino alla media triennale. Segnale che il mercato non teme una spirale inflattiva, ma anzi considera più probabile un rallentamento della crescita.