Brusca correzione sui listini finanziari con i mercati, soprattutto statunitensi, che si sono mossi notevolmente al ribasso, restituendo alcuni dei guadagni che hanno generato nei giorni precedenti le elezioni di metà mandato. Situazione che potrebbe far riflettere sull’incertezza del risultato, con la tanta attesa onda Repubblicana maggiormente contenuta o forse scaturita dalle preoccupazioni per la nuova sfida alla quale i mercati si apprestano, con la lettura odierna sull’inflazione al consumo. Vero spauracchio dei mercati (e della Fed).
Di fatto, quella di ieri è stata una vera avversione al rischio, con tutti gli undici settori americani a chiudere in territorio negativo, con il difensivo (utilities, sanitario e consumi di beni di prima necessità) a sovraperformare e l’energetico, industriale e tecnologico a guidare i ribassi.
Vendite che si sono accompagnate da leggeri recuperi sul Vix e da un rafforzamento del dollaro statunitense mentre sul fronte obbligazionario hanno proseguito al ribasso i rendimenti sui Treasury. Campanelli di recessione che invece aumentano sul fronte obbligazionario, con il differenziale di rendimento tra il Treasury a 10 anni e quello a 3 mesi sceso da martedì nuovamente in territorio negativo e che nelle sedute seguenti ha proseguito al ribasso.
Mentre l’America ribilancia le sue aspettative post elezioni e si appresta a scoprire il dato sull’inflazione al consumo odierno, nelle ultime sedute si scopre maggiormente danneggiata dalle pubblicazioni delle trimestrali delle sue società. Ieri nuovi crolli da parte delle sue Big: su tutti quello di Disney, crollata di oltre il 13% dopo aver sì aumentato il distacco di abbonati con Netflix, ma a caro costo sugli utili. Male anche Occidental Petroleum, la quale ha chiuso in ribasso di oltre il -9% dopo aver registrato un EPS rettificato del terzo trimestre di $ 2,44, più debole del consenso di $ 2,49.
Ben 111 delle 453 società dell’S&P 500 che hanno riportato utili finora in questa stagione non hanno soddisfatto le previsioni. Nel frattempo, le stime forward miste a 12 mesi per gli utili aziendali sono diminuite del -2,7% da metà settembre. Stagione delle trimestrali che invece in Europa, nonostante i maggiori venti freddi generati dai rincari energetici, dall’inflazione e da una prossima recessione, risulta essere più brillante. Con quasi 2/3 delle società che hanno rilasciato i loro numeri si è registrato un incremento degli utili del +32% e con ricavi in crescita del 21%. Effetto deprezzamento dell’euro che ha sicuramente sostenuto i conti aziendali.
Interessante osservare, a tal proposito, come il differenziale di rendimento tra lo Stoxx 600 europeo e lo S&P 500 americano abbia registrato il maggior divario da inizio anno, con oltre 7 punti percentuali di differenza. Incidono ovviamente anche altri parametri quali l’effetto cambio, una composizione diversa, più value in Europa, e un percorso di rialzi monetari più aggressivo negli Stati Uniti.
Oggi, tutti gli occhi saranno puntati sulla stampa dell’inflazione al consumo di ottobre degli Stati Uniti. Dove l’attenzione resta soprattutto sull’evoluzione di quella core. Gli analisti di JP Morgan hanno affermato che una lettura al rialzo sarebbe in grado di far scendere le azioni statunitensi del 6% nella seduta odierna. La probabilità della banca resta tuttavia su uno scenario migliore, ovvero di un’inflazione in calo e di un possibile rimbalzo di 1-1,5 punti percentuali.
Tra gli appuntamenti si segnalano inoltre i diversi interventi dei funzionari della Fed: Lorie Logan, Esther George, Loretta Mester. Commenti accomodanti di ieri da parte del presidente della Fed di Chicago Evans hanno sostenuto le azioni quando ha affermato di vedere vantaggi “nell’adattare il ritmo degli aumenti dei tassi della Fed il prima possibile”, avvertendo che andare molto più in alto aumenterebbe i rischi di recessione, il che metterebbe a repentaglio il mandato sull’occupazione della Fed.
Sul fronte delle criptovalute continua a tenere banco il rischio FTX. Ieri il dietrofront di Binance, su una sua possibile acquisizione ha generato nuove preoccupazioni sull’intero mercato, che nella sola seduta di ieri ha visto bruciare circa 122.6 miliardi di capitalizzazione e di ben 1/4 dell’intera capitalizzazione tra domenica e mercoledì.
Bitcoin rompe il supporto dei $18mila, trovando un iniziale freno e rimbalzo nell’area dei $16 mila e portando la sua correzione a quasi il 77% dal suo massimo storico. Il rischio, tuttavia, permane con una ancora non chiara idea sul futuro dell’Exchange, il quale riporta (fonte Bloomberg) che senza un’iniezione di denaro la società avrebbe bisogno di dichiarare bancarotta.
Intanto le chiusure di posizioni in acquisto aumentano con valori che da martedì si assestano a circa 1805 milioni.
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