Cos’è cambiato veramente nei mercati a tal punto da causare l’inversione del sentimento positivo sulla ripresa (nonostante le ombre sempre presenti) che fino a poco tempo fa era guidato dai listini azionari europei, con il CAC 40 francese in grado persino di registrare nuovi massimi storici? Ad oggi, come possiamo osservare dal grafico sottostante, entrambi i due principali listini americani scambiano in territorio negativo, con il Nasdaq 100 al -2,60% e lo S&P 500 al -1,66%, mentre in Europa, tra i principali indici, solamente quello italiano scambia leggermente sotto la parità (dove bisogna anche ricordare l’effetto negativo dello stacco dei dividendi del 24 aprile).
La principale risposta potrebbe risiedere sulle nuove ventate di preoccupazioni generate dalle turbolenze bancarie. Wall Street, reduce dalla sua peggior seduta da un mese a questa parte, viene ad essere penalizzata dalle preoccupazioni per la solidità delle banche statunitensi. I riflettori sono stati puntati soprattutto su First Republic Bank, ieri in flessione di un altro 29,8% dopo essersi quasi dimezzata il giorno prima – portando così a circa il 95% la perdita dall’8 marzo scorso. Se la caduta di martedì viene ad essere imputata al crollo dei depositi, diminuiti del 40% nel primo trimestre, la flessione di ieri è stata generata da un articolo di Bloomberg secondo cui le autorità di regolamentazione bancaria statunitensi starebbero valutando la possibilità di declassare le valutazioni sulla banca in questione, una mossa che potrebbe limitarne l’accesso agli strumenti di prestito della Federal Reserve.
Situazione che ha innescato preoccupazioni sui mercati globali in una modalità di risk off che è proseguita anche nella sessione asiatica notturna. Tuttavia, sebbene la notizia abbia generato apprensioni va anche rilevato che l’indice delle banche regionali (KRE) è riuscito a chiudere la seduta di ieri in rialzo, sostenuto dal rally delle azioni di PactWest Bancorp, dopo che la banca ha dichiarato di aver registrato afflussi di depositi nell’ultimo mese.
Il 21 aprile, Moody’s ha declassato diverse banche. L’elenco completo contiene un gruppo ormai familiare di banche che erano tra le peggiori performance a metà marzo, riflettendo preoccupazioni particolarmente elevate per i depositi non assicurati e le perdite non realizzate.
Moody’s protagonista in negativo anche in Italia, generando pressioni sul comparto bancario, dopo che l’agenzia di rating americana avrebbe riportato l’Italia quale unico Paese in copertura a rischiare di perdere l’investment grade nei giudizi della società di rating. Tutto questo mentre in Europa, la Commissione europea ha ieri pubblicato una proposta, ancora non legge, aggiornata di riforma delle norme sulla stabilità finanziaria. Il nuovo quadro è accompagnato anche da un regime di applicazione più severo per i Paesi che devono affrontare sfide sostanziali in materia di debito pubblico, con gli scostamenti dal percorso di aggiustamento fiscale concordato che potrebbero aprire di default l’apertura di una procedura per disavanzo eccessivo. I prossimi step, tra insoddisfazioni in molti paesi, vedono il Consiglio dell’UE e il Parlamento dare il loro consenso. La scadenza di fine anno sembra essere ambiziosa.
I solidi report tecnologici, un tempo veri protagonisti della tendenza del mercato, non sono stati sufficienti a sollevare l’umore generale. Sebbene sia ancora prematuro per tirare le somme, alcuni interessanti spunti sembrano venire al pettine. La spesa per i consumi sembra rallentare, ma in modo graduale, mentre la spesa per i servizi rimane forte. A quest’ultimo proposito, diverse compagnie aeree hanno riportato una forte domanda di viaggi, che continua a riprendersi dalla pandemia. La stessa Visa ha dichiarato di ritenere che i consumatori siano ancora in buona forma e ha sottolineato la forza dei viaggi e dell’intrattenimento. Le aziende sembrano prepararsi a una crescita più lenta e, di conseguenza, stanno adottando iniziative di riduzione dei costi per proteggere la redditività.
Con i mercati che si prestano ad entrare nel mese di maggio, ovvero nei sei mesi, stagionalmente parlando, più deboli dell’anno sarà interessante osservare la risposta dei mercati in un contesto che sembra spostarsi sempre di più da timori inflazionistici a quelli di recessione. I segnali sono presenti, soprattutto sul mondo obbligazionario, ma la risposta del mondo azionario non è così assodata.
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