Alla vigilia di una delle sedute più importanti della settimana, con l’attesa del rapporto che dovrebbe confermare un ulteriore rallentamento dei prezzi al consumo negli Stati Uniti, l’S&P 500 si è avvicinato ai 5.800 punti. L’indice principale ha così segnato ieri il suo 44° massimo storico dall’inizio dell’anno, trainato ancora una volta dai titoli tecnologici, che hanno dominato per la 43° volta la classifica dei migliori rialzi settoriali.
Azioni e titoli del Tesoro hanno ieri oscillato, in un contesto in cui due dei principali indici di Wall Street (S&P 500 e Dow Jones) hanno raggiunto nuovi massimi storici, nonostante la debolezza del mercato obbligazionario che ha spinto i rendimenti verso l’alto (rendimenti a 2 e 10 tornati nuovamente sopra il 4%). Wall Street ha registrato guadagni in tutti i settori, fatta eccezione per le utilities, segnalando che l’interesse degli investitori rimane solido anche con valutazioni storicamente elevate.
È utile ricordare che l’aumento dei rendimenti penalizza in genere i settori con elevati pagamenti di dividendi, come i beni di prima necessità e i servizi di pubblica utilità, oltre a rappresentare un ostacolo per le piccole capitalizzazioni e i settori growth. Gli investitori, in un primo momento, temevano che i dati sull’occupazione di venerdi potessero compromettere i previsti tagli dei tassi della Federal Reserve e alimentare nuove spinte inflazionistiche. Il dato odierno rappresenta quindi un importante banco di prova.
In questo contesto, la tecnologia ha assistito ieri ad un’assenza significativa: Nvidia, dopo un rally di cinque giorni che le ha fatto guadagnare il 13% di capitalizzazione, pari a quasi 390 miliardi di dollari, ha chiuso in calo. Tuttavia, l’ascesa recente le ha comunque permesso di superare Microsoft, diventando la seconda azienda più grande al mondo per valore di mercato.
Apple invece, la prima azienda mondiale in tale classifica è salita dell’1,7% Alphabet. Di contro, è scesa dell’1,5% alla notizia che gli Stati Uniti starebbero valutando uno spezzatino di Google in uno storico caso antitrust della grande tecnologia.
I mercati non si sono mossi quasi per niente dopo i verbali dell’ultima riunione della Federal Reserve , da cui è emerso che Jerome Powell ha ricevuto qualche resistenza sul taglio di mezzo punto dei tassi a settembre, poiché alcuni funzionari avrebbero preferito una riduzione minore.
Negli Stati Uniti, i verbali del FOMC suggeriscono che la decisione sui tassi di settembre è stata davvero una decisione difficile. I verbali descrivono che i partecipanti al FOMC avevano opinioni leggermente diverse su come avrebbe dovuto iniziare il ciclo di allentamento. “Alcuni” partecipanti avrebbero preferito un taglio di 25 bp e “qualche altro” avrebbe potuto sostenere tale decisione. Alla fine, solo Bowman ha espresso dissenso dal taglio di 50 bp nel voto. Alcuni hanno sottolineato che comunicare le prospettive per ulteriori tagli era più importante dell’entità del taglio iniziale. Quindi, in effetti, è stata una decisione difficile tra un movimento di 25 bp e uno di 50 bp, come implicava il prezzo di mercato prima della riunione.
La pubblicazione dei verbali, però, ha avuto un impatto limitato, in quanto il mercato è stato più influenzato dai dati sull’occupazione diffusi nello stesso periodo. Tra le ultime dichiarazioni, Logan (Fed di Dallas) ha espresso un parere favorevole a un ritmo più graduale di interventi, suggerendo che l’inflazione potrebbe richiedere più tempo per raggiungere il target del 2%. Collins (Fed di Boston) ha sottolineato la necessità di basare le decisioni sui dati in arrivo, confermando tuttavia il raffreddamento dell’economia rispetto ai mesi precedenti. Il vicepresidente Jefferson ha ribadito che, sebbene il mercato del lavoro si sia raffreddato, l’economia continua a crescere a un ritmo robusto e le decisioni della Fed continueranno a essere prese “riunione per riunione” in base agli sviluppi economici. Mercati che al momento vedono con probabilità maggiori dell’80% ciascuna due tagli dei tassi a novembre e dicembre di 25 punti base.
Anche in Europa, la BCE si trova in una fase delicata di ridefinizione della propria politica monetaria. Villeroy ha lasciato intendere che nuovi tagli dei tassi sono “molto probabili” nel breve periodo, ma ha precisato che la loro frequenza dipenderà dall’andamento dell’inflazione. Stournaras ha confermato il suo supporto a ulteriori tagli entro la fine dell’anno, sostenendo che la politica monetaria rimarrà comunque restrittiva. Anche membri noti per una linea più rigida, come Nagel e Kazaks, si sono detti favorevoli a considerare ulteriori interventi. Tuttavia, Wunsch ha avvertito che le pressioni inflazionistiche interne e le incertezze geopolitiche potrebbero rendere più difficile una strategia di allentamento, suggerendo che la BCE debba muoversi con cautela per evitare nuove fiammate nei prezzi dell’energia. Intanto gli swap scontano al 94% le probabilità di un taglio dei tassi di 25 pb da parte della BCE per la prossima riunione del 17 ottobre.
Oggi i riflettori sono puntati sull’inflazione negli Stati Uniti, con il dato sui prezzi al consumo (CPI). Secondo le attese, l’indice dovrebbe segnare un incremento dello 0,1% a settembre, il più contenuto degli ultimi tre mesi, principalmente grazie al calo dei prezzi dell’energia. Su base annua, l’inflazione dovrebbe attestarsi al 2,3%, segnando il sesto rallentamento consecutivo e toccando il livello più basso dall’inizio del 2021. L’attenzione degli investitori, però, è rivolta soprattutto al “core CPI”, ovvero il dato depurato dalle componenti più volatili come cibo ed energia, considerato il vero indicatore dell’inflazione di fondo. Questo dato dovrebbe crescere dello 0,2% rispetto al mese precedente e del 3,2% rispetto a un anno fa, confermando che, sebbene la pressione sui prezzi stia gradualmente diminuendo, l’inflazione rimane ancora ben sopra l’obiettivo della Fed del 2%. Se queste previsioni verranno confermate, la Fed potrà tirare un sospiro di sollievo.
Sul fronte societario l’attenzione è invece su Tesla, il titolo più popolare tra gli investitori eToro e il terzo più detenuto dai clienti italiani. La casa automobilistica guidata da Elon Musk ha deciso di puntare tutto sui robotaxi, sacrificando l’attesissima auto a basso costo. Una mossa audace, che ha portato a un completo riassetto dei team interni e alla minimizzazione dell’attuale rallentamento delle vendite. Le azioni di Tesla, dopo aver fluttuato vicino alla parità durante l’ultima seduta, hanno chiuso in ribasso in vista dell’evento di oggi, che potrebbe rivelarsi un potenziale catalizzatore per il titolo.
Il tanto atteso “We, Robot” è previsto per le 19:00 ora locale in California e si terrà in una location inusuale: lo studio cinematografico della Warner Bros. L’obiettivo è chiaro: mostrare i progressi nell’intelligenza artificiale, un aspetto cruciale affinché il progetto dei robotaxi possa competere con rivali come Waymo e Cruise, già operativi sul territorio americano.
Negli ultimi anni, migliaia di clienti Tesla hanno pagato migliaia di dollari per il pacchetto Full Self-Driving (FSD), ma i veicoli richiedono ancora supervisione umana costante, rendendo la promessa di una guida completamente autonoma un miraggio lontano. Per Tesla, dimostrare che la tecnologia è davvero a un punto di svolta sarebbe fondamentale per giustificare un titolo che attualmente tratta a 88 volte gli utili forward, ovvero due deviazioni standard al di sopra della media dell’ultimo anno.
Guardando i numeri, Tesla si presenta all’evento con un quadro misto. Da un lato, ha appena chiuso il miglior trimestre di sempre in Cina, con le consegne dallo stabilimento di Shanghai in crescita per il terzo mese consecutivo e un aumento delle vendite del 6% nel terzo trimestre rispetto all’anno precedente. Tuttavia, se si guarda ai primi nove mesi del 2024, le vendite complessive risultano in calo del 2% rispetto allo stesso periodo del 2023. Ora Tesla deve consegnare circa 499.000 veicoli nell’ultimo trimestre per raggiungere l’obiettivo annuale, una sfida che, anche se superata, porterebbe a un risultato comunque inferiore rispetto all’anno scorso.
Un altro dato che fa riflettere è l’aumento delle scorte: Tesla ha prodotto quasi 7.000 veicoli in più di quanti ne abbia venduti stando ai dati dell’ultimo trimestre, invertendo la tendenza vista nel secondo trimestre. In cinque degli ultimi sette trimestri, la casa automobilistica ha costruito più auto di quante ne abbia vendute, accumulando un eccesso di circa 56.000 unità. Un segnale che riflette non solo un rallentamento della domanda di veicoli elettrici, ma anche la crescente pressione della concorrenza.In Cina, ad esempio, Nio ha recentemente lanciato il nuovo SUV elettrico Onvo, con un prezzo inferiore del 17% rispetto alla Model Y di Tesla. Negli Stati Uniti, General Motors ha risposto con la Chevy Equinox EV, proposta a meno di 30.000 dollari (dopo gli incentivi). Con una concorrenza sempre più agguerrita, Tesla si trova a un bivio: continuare a puntare sulla narrazione di Musk, o affrontare la dura realtà di un mercato che evolve rapidamente. L’evento di oggi segnerà probabilmente un ulteriore impegno verso la guida autonoma e l’intelligenza artificiale, ma il rischio è che si traduca in un déjà vu per investitori già abituati ai grandi annunci di Musk. I numeri, tuttavia, non mentono: per Tesla è arrivato il momento di trasformare le promesse in realtà, altrimenti, come si dice, “il tempo dei sogni potrebbe finire.”