Strani movimenti in America mentre volano i mercati europei

Tornano nuovamente ad alternarsi i mercati finanziari tra le due sponde dell’oceano. L’Europa ritrova il suo buon umore, non che sia mai venuto a mancare da inizio anno, sovraperformando per la seconda seduta consecutiva i listini statunitensi.

 

Indice italiano, in particolare, che guida la corsa da inizio anno sui principali listini mondiali con uno straordinario +16,02% con ben quasi 4 punti percentuali di distacco dal secondo classificato, il tecnologico Nasdaq +12,64% e dall’indice spagnolo Ibex 12,33%.

Le azioni europee sono ieri rimbalzate, con lo STOXX 600 in prossimità dei 465 punti, su valori alla quale non si assistevano da febbraio 2022, con il DAX tedesco che ha superato la soglia dei 15.520 e il FTSE MIB dei 27.504, nuovo massimo di un anno. Gli investitori hanno accolto con favore i dati tedeschi che, sebbene abbiano mostrato un aumento del livello d’inflazione, cresciuto a gennaio all’8,7% (dal precedente 8,6%), si è mantenuto al di sotto delle aspettative dell’8,9%. Situazione che allenta le pressioni sulla Banca Centrale Europea affinché continui ad aumentare i tassi. L’ottimismo europeo sembra, in particolare, essere principalmente figlio della stagione delle trimestrali, le quali sembrano compensare i timori macroeconomici.  In Italia il settore bancario (senza dimenticare la crescita di ieri sera di Enel, € 140,5 miliardi di fatturato, +63,9% rispetto ai valori 2021) continua a sfornare conti record, con ieri Mediobanca ad unirsi alla festa che vede in particolare beneficiare Intesa San Paolo ma soprattutto Unicredit +42,5% di rialzo da inizio anno e capofila nei rialzi delle azioni del FTSE MIB. Buon umore europeo figlio in particolar modo delle minori preoccupazioni che hanno aleggiato negli ultimi mesi del 2022. Le revisioni al rialzo sulla crescita, con il FMI che toglie Germania e Italia dal rischio recessione; le minori pressioni energetiche, con i prezzi del gas TTF tornati a scambiare sui 55 €/MWh (rispetto ai 346 di agosto); il rallentamento delle pressioni inflazionistiche (sebbene ieri il governatore della Banque de France, François Villeroy de Galhau, abbia dichiarato come il picco francese non sia stato ancora raggiunto e come sia atteso per giugno) e il ritorno al rialzo degli indici PMI, accompagnato dall’euforia generata dalla riapertura cinese rappresentano quel cocktail perfetto per l’umore Europeo.  Neanche gli scricchiolii politici, con Francia e Germania che sempre di più sembrano isolare l’Italia nelle scelte decisionali (si veda cena Zelensky, Macron e Scholz così come la sola delegazione dei ministri dell’Economia tedesca e francese a Washington).

Intanto ieri ha preso il via a Bruxelles il vertice dell’UE, in cui i leader dei paesi europei discuteranno su come rispondere a temi legati a sussidi e alla risposta al piano IRA statunitense.  La Commissione ha proposto una riforma delle norme sugli aiuti di Stato, ma alcuni Paesi temono che ciò possa distorcere il mercato unico dell’UE, mentre la Germania, i Paesi Bassi e altri Stati fiscalmente conservatori si oppongono a un’altra tornata di prestiti congiunti per un nuovo fondo di sovvenzioni verdi dell’UE. Una svolta sembra quindi improbabile, sebbene la politica spesso riserva sorprese.

In America Wall Street non è riuscita a mantenere lo slancio iniziale, nonostante il buon umore iniziale generato dalle trimestrali di Disney. I tre principali indici chiudono infatti tutti in territorio negativo a causa delle persistenti preoccupazioni sulle prospettive economiche e sull’aumento dei tassi d’interesse, che hanno fatto vacillare l’ottimismo per le notizie positive sugli utili. Due in particolare gli eventi cardini di ieri. Il primo, il commento del presidente della Federal Reserve di Richmond, Thomas Barkin, il quale è stato uno degli ultimi funzionari a riconoscere che l’economia statunitense sta rallentando, ma ha avvertito che è fondamentale continuare ad aumentare i tassi di interesse per garantire che l’inflazione non si radichi. Due, il mercato del lavoro. Le richieste iniziali di disoccupazione si sono attestate a 196.000 per la settimana conclusa il 4 febbraio, con un aumento di 13.000 unità rispetto alla settimana precedente, ma ancora indicando un mercato del lavoro rigido. Dopo tre settimane consecutive di calo, tuttavia riscontrare un aumento delle richieste iniziali di sussidi di disoccupazione rappresenta comunque un buon inizio.

 

Dall’altra parte, dati meno positivi per la Fed provengono dal tasso di apertura di posti di lavoro, saliti al 6,7% a dicembre 2022 accompagnati da un numero di posti di lavoro disponibili salito a 11 milioni.

 

A tutto questo si aggiunge il Wage Growth Tracker della Fed di Atlanta rimasto invariato al 6,1% a gennaio, sostenendo l’opinione che le condizioni del mercato del lavoro rimangono ancora troppo rigide.

 

L’attenzione sul mercato del lavoro non viene infatti meno, soprattutto alla luce delle ultime parole di Jerome Powell: il processo disinflazionistico è iniziato, ma ha avvertito di ulteriori aumenti dei tassi se il mercato del lavoro rimane forte.

Incertezza degli investitori americani che ben viene ad essere interpretata dai movimenti del suo principale indice. Lo S&P 500 per ben sei volte negli ultimi tre giorni ha invertito la rotta dell’1%. Due volte negli ultimi tre giorni ha invertito la rotta di oltre il 2% (una al rialzo e una al ribasso), tutto questo mentre il VIX resta a soli 20 punti – segnale di una mancata corretta valutazione.

 

 

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