Dopo una settimana in contrazione, che ha restituito la peggiore performance settimanale da marzo, la prima seduta della settimana si apre con un clima di ottimismo. Tutti i settori dell’S&P 500, fatta eccezione per le utilities, hanno chiuso in positivo, guidati dai servizi di comunicazione, dai settori finanziari e dal Real Estate. Il Dow Jones è salito di 400 punti, l’S&P 500 è cresciuto dell’0,8% e il Nasdaq ha guadagnato quasi l’0,4%.
L’ottimismo è alimentato dalla fiducia che i risultati degli utili societari del secondo trimestre continueranno a superare le aspettative. Ieri Berkshire Hathaway, la società di Warren Buffett, ha registrato un aumento del 2,1% dopo aver riportato il suo utile operativo trimestrale più alto di sempre. Di contro, Tesla ha ceduto l’1,7%, dopo le dimissioni del suo direttore finanziario, mentre Apple si è avviata verso la più lunga serie di perdite dell’anno. Anche i commenti della Fed non sono stati di supporto sui mercati, spingendo al rialzo i rendimenti obbligazionari e influenzando negativamente sulle azioni. Il presidente della Fed di New York Williams ha dichiarato di aspettarsi una politica monetaria restrittiva per un po’ di tempo (higher for longer) e che la necessità di ulteriori rialzi dei tassi resta “una questione aperta”. Più falco il commento del governatore della Fed Bowman il quale ha sostenuto che probabilmente saranno necessari ulteriori aumenti dei tassi per riportare l’inflazione verso l’obiettivo del 2% fissato dal FOMC per ripristinare completamente la stabilità dei prezzi.
Mercati che tuttavia continuano ad essere più ottimisti, evidenziando una mancanza di fiducia nei confronti della Fed che sempre di più ci ha assistito in questo ciclo di rialzi, con i futures sui Fed Fund che mostrano persino un primo taglio dei tassi già a partire da marzo. CME FedWatch che riportano infatti una probabilità del 42.9% di un possibile primo taglio nel meeting di marzo rispetto alla stessa probabilità della scorsa settimana posta a solo il 36.4%.
Volatilità e revisioni delle percentuali che potrebbero essere riviste nella settimana alla luce della lettura sull’inflazione al consumo prevista per giovedì, la quale è attesa assestarsi al 3,3% su base annua, leggermente al di sopra del 3% della lettura passata, con i confronti annuali che diventano ora un po’ più difficili. Anche il petrolio, l’energia e i prezzi delle materie prime in generale sono aumentati nell’ultimo mese, esercitando una certa pressione al rialzo sull’inflazione complessiva. A tal riguardo si evidenzia un’interessante divergenza tra l’evoluzione dell’andamento dei prezzi del greggio con quella dell’inflazione.
Inflazione core che, tuttavia, dovrebbe diminuire in misura modesta, passando dal 4,8% su base annua di giugno al 4,7% di luglio. Dato che potrebbe iniziare a riflettere l’allentamento dei prezzi delle case e degli affitti che abbiamo assistiti all’inizio dell’anno e che tendono a comparire nel paniere dell’IPC con un certo ritardo.
Le società di rating creditizio continuano ad essere protagoniste sui mercati, dopo il declassamento della scorsa settimana di Fitch. Il settore bancario americano, dopo le turbolenze di inizio anno, che hanno portato ai fallimenti di Silicon Valley Bank e della Signature Bank, fa ora i conti con i downgrade di Moody’s. La società di rating ha rivisto al ribasso il giudizio su dieci banche americane e ha messo sotto osservazione alcuni giganti bancari per potenziali declassamenti. L’agenzia ha anche cambiato le sue prospettive in negativo per 27 banche del settore. Le banche declassate includono M&T Bank, Pinnacle Financial Partners, Prosperity Bank e BOK Financial Corp. Le banche sottoposte a revisione per downgrade includono BNY Mellon, US Bancorp, State Street e Trust Financial. I risultati del secondo trimestre di molte banche hanno mostrato crescenti pressioni sulla redditività che ridurranno la loro capacità di generare capitale interno, ha scritto Moody’s. “Ciò si presenta mentre si profila una lieve recessione” e le banche devono affrontare maggiori rischi derivanti dai tassi di interesse e dalla gestione delle proprie attività e passività. Il settore bancario americano rappresenta il settore più grande dello S&P 500 e il secondo più economico (dopo l’energia). In questo 2023 la sua performance è stata frenata dallo spavento di marzo, dai rischi di rallentamento economico e di insolvenza degli immobili commerciali e ora dal declassamento dei rating così come da prospettive di regole patrimoniali più severe. Le autorità di regolamentazione statunitensi propongono infatti che sulle circa 30 banche più grandi, con un patrimonio superiore a 100 miliardi di dollari, di aumentare il capitale del 15-20% in seguito all’attuazione delle nuove regole globali di Basilea III. Si tratta del più grande cambiamento normativo dal 2010 e potrebbe comportare per le banche più grandi un aumento di capitale di 180 miliardi di dollari. L’obiettivo è quello di rendere il sistema bancario più sicuro. Ma potrebbe anche ridurre la redditività di molte banche, richiedendo loro di generare più profitti per produrre gli stessi rendimenti di oggi, e potrebbe anche limitare i dividendi e i riacquisti di azioni. Queste nuove regole non entreranno in vigore prima di anni, ma potrebbero continuare a esercitare pressioni.
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