Questioni di resistenze

Nonostante una seduta asiatica ed europea positiva e pubblicazioni macroeconomiche americane che riducono le preoccupazioni inflazionistiche, con i rendimenti dei Treasury a 10 anni scesi sotto il 3,4% (attualmente al 3,33%) i listini americani chiudono la seduta di mercoledì in territorio negativo, tra timori legati alla crescita, commenti Fed e, non per ultimo, da trimestrali deludenti. Lo S&P 500 chiude in calo, la quinta volta da inizio anno sulle undici offerte, con una flessione del 1,56%, la peggiore flessione di questo 2023 e il secondo calo superiore all’1% da inizio anno. Leggermente meglio il Nasdaq 100 con una flessione giornaliera del 1,27% (non la peggiore da inizio anno) e, come per lo S&P 500, riportando la seconda correzione giornaliera superiore al 1% ma, e qui la differenza con lo S&P500, con solo tre sedute su 11 in calo.

Da una parte le pubblicazioni macroeconomiche statunitensi, come sostenuto, hanno generato minori pressioni inflazionistiche. L’indice dei prezzi alla produzione in calo, al 6,2% su base annua, riporta ora una crescita dei prezzi alla produzione inferiore di quella al consumo (6,5% a/a), situazione che non si verifica da dicembre 2020 quando allora l’inflazione al consumo viaggiava al 1,4%.

Insieme all’ulteriore rallentamento dei prezzi al consumo della scorsa settimana tutto ciò suggerisce che sta emergendo un modello di rallentamento nelle pressioni inflazionistiche, una buona notizia per i consumatori e per la Fed. Ma ci sono anche segnali di rallentamento nella crescita economica. Le vendite al dettaglio di dicembre sono diminuite dell’1,1% rispetto al mese precedente, un calo più netto del previsto, mentre le vendite di novembre sono state riviste al ribasso. Il lato positivo è che, con l’inflazione e la crescita in calo, la Fed probabilmente concluderà la sua campagna di inasprimento e passerà a una pausa. Fed che ritorna tuttavia nella veste di pompiere nello spegnere l’entusiasmo dei mercati per voce di Loretta Mester, della Federal Reserve Bank di Cleveland, la ha dichiarato che la banca dovrà aumentare il tasso di interesse oltre il 5% per portare l’inflazione al livello obiettivo del 2%. Di simile parere il presidente della Fed di St. Louis, James Bullard, il quale ha ieri rimarcato come i tassi non sono ancora restrittivi e potrebbero salire fino al 5,5% entro la fine dell’anno. Mercati che continuano tuttavia a non credere a tale scenario, come se la Fed stesse bluffando, con i CME FedWatch Tool che rimarcano uno scenario decisamente più roseo, con il 5% quale tasso terminale e con settembre il primo taglio.

Di fatto la seduta di ieri ha visto tutti gli 11 settori statunitensi in calo, con il difensivo maggiormente sotto pressione e la crescita a sovraperformare il Value. Situazione che inverte le abitudini del 2022 e che pone i perdenti dello scorso anno in una posizione di maggiore interesse, grazie soprattutto ai continui cali dei rendimenti obbligazionari.

Analisi tecnica che riporta la difficoltà dello S&P 500 nella rottura della resistenza offerta dalla trendline decrescente dai massimi di gennaio 2022, con un ADX fiacco per sostenere una possibile rottura.

Anche le notizie negative societarie hanno ieri pesato sui mercati. I titoli dei prodotti alimentari confezionati sono crollati a causa della debolezza del rapporto sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti. Sul settore finanziario le pubblicazioni di PNC Anche le notizie negative societarie hanno pesato ieri sui mercati. I titoli dei prodotti alimentari confezionati sono crollati a causa della debolezza del rapporto sulle vendite al dettaglio negli Stati Uniti. Sul settore finanziario le pubblicazioni di PNC Financial Services Group e Charles Schwab hanno registrato correzioni dopo aver riportato un EPS per il quarto trimestre inferiore alle attese. Sul tecnologico IBM è scesa dopo essere stata declassata, mentre il taglio sul personale da parte di Microsoft (circa 10.000 persone, il più grande licenziamento dal 2014) non ha aiutato a contenere le vendite.

Revisione dei costi del personale che vede un deciso ritorno nelle parole delle manager aziendali durante le pubblicazioni delle trimestrali. La quantità è ancora limitata, ma si sta avvicinando ai livelli del 2019.

Correzione dei mercati azionari che ha inoltre coinciso con il calo del petrolio, nonostante un inizio tonico grazie ad una più rosea previsione da parte dall’Agenzia internazionale per l’energia per il 2023. A spingere nuovamente al ribasso le quotazioni del greggio i deludenti dati americani, i quali hanno alimentato i timori di recessione, ma soprattutto l’aumento a sorpresa delle scorte di greggio negli Stati Uniti. Quotazioni che continuano a trovare resistenze nell’area degli $81, galleggiando tra i $70 e gli $80, in attesa di rivelare la loro direzione.

Agenda odierna decisamente intensa. In Nuova Zelanda vengono ad essere riportate le dimissioni a sorpresa del Premier Jacinda Ardern; in Norvegia è attesa la decisione di politica monetaria da parte della Norges Bank, con le attese per tassi invariati al 2,75%, così come in Turchia con i tassi che dovrebbe restare al 9%, riportando la possibilità della fine del ciclo dei tagli.  In Europa saranno di scena la pubblicazione dei verbali dell’ultima riunione della BCE, dove si cercheranno indizi sulla definizione di aumenti “significativi” e sul percorso di normalizzazione del bilancio. BCE che sarà inoltre di scena a Davos, con l’intervento odierno da parte di Christine Lagarde, Klaas Knot e Isabel Schnabel. Oltreoceano sono attesi invece gli interventi di Williams, Brainard e Collins per la Fed.

Sul fronte delle trimestrali riflettori puntati soprattutto su Netflix, Procter&Gamble, e Caterpillar.

 

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