Qualcuno non sembra ascoltare

Tutti e tre i principali indici statunitensi chiudono la seduta di mercoledì in territorio negativo, trascinati principalmente dai timori dei commenti da parte della Federal Reserve e dallo scivolone causato da Google.

Mentre la risposta dei mercati azionari in merito ai commenti di Powell è stata incoraggiata dalla parola magica “disinflazione”, trascurando completamente il restante discorso, l’attenzione di ieri è stata invece nuovamente riportata sui binari da diversi commenti.  Il governatore della Fed, Christopher Waller, ha dichiarato che la banca centrale dovrà mantenere la politica monetaria sufficientemente restrittiva per alcuni anni (alcuni anni, non mesi!) per contenere l’inflazione. Il Presidente della Fed di Minneapolis, Kashkari, ha affermato che ci sono poche prove che i rialzi dei tassi effettuati finora abbiano avuto un effetto sul mercato del lavoro, quindi, il FOMC “deve fare di più” per riportare il mercato del lavoro in equilibrio. Infine, ad offrire invece un ramoscello di ulivo ai mercati ci ha pensato il presidente della Fed di New York, Williams, il quale ha dichiarato che un picco di tassi di interesse del 5,00-5,25% è ancora una visione ragionevole.  Situazione che tuttavia continua a mostrare uno strano percorso di valutazioni tra il mondo obbligazionario e quello azionario. Il primo ha martedì aggiustato le proprie valutazioni, registrando una crescita dei rendimenti, a seguito dei toni, comunque falco, da parte di Powell (tralasciando il tema disinflazione), mentre il mercato azionario (guidato dal settore Growth) ha virato al rialzo. Ieri si è invece verificato l’esatto contrario, con il comparto Growth a trascinare al ribasso il mercato azionario e il mercato obbligazionario a registrare cali nei suoi rendimenti.

Tutto questo mentre l’indice americano delle condizioni finanziarie (NFCI) ha ieri registrato una nuova correzione a -0,36 nella settimana conclusasi il 3 febbraio, suggerendo un nuovo allentamento delle condizioni finanziarie.

Sul fronte azionario brusca correzione per Alphabet, con gli investitori che non hanno gradito l’errore del nuovo “ChatGPT” di Google: AI Bard. L’errore in una risposta fornita all’interno di una pubblicità online ha intimorito gli investitori di come la società californiana possa essere ancora indietro rispetto a ChatGPT, con il relativo importante rischio di perdita di quote di mercato (con Google Search, $42,6 mld di dollari di fatturato nel 2022, che ha già evidenziato un calo del 2% nella crescita su base annua e che rappresenta la principale entrata con una quota di circa il 56%).

Sul fronte societario bene la “prima” del ritornato Ceo Disney Bob Iger, con il titolo che supera le attese di Wall Street, grazie ad un EPS di $0,99 rispetto a stime di $0,78 e un fatturato in crescita del 7,7% a $23,51, rispetto a stime poste a $23,28. Cresce il numero di abbonati di Disney+ del 25% a/a a 162 milioni (rispetto ai 231 milioni di Netflix, cresciuti nel quarto trimestre 2022 del 4%). Disney che si accoda ai grandi nomi di licenziamenti, riportando tagli per circa 7000 posti di lavoro. Con il titolo che in premarket in rialzo di quasi il 5,4% continua la serie altalenante di una seduta positiva e una negativa post pubblicazioni iniziata dal maggio 2021.

Corre invece Uber, con il titolo che ieri è salito di 1,93 dollari, pari al 5,53%, a 36,83 dollari, dopo aver registrato un aumento dei ricavi e degli utili rettificati nell’ultimo trimestre, grazie all’aumento della spesa per le corse e la consegna di cibo, nonostante le preoccupazioni per l’inflazione. Crescono del +19% le prenotazioni e del +49% i ricavi grazie anche ai cambiamenti contabili nel Regno Unito, sebbene dal punto di vista operativo la società continua a restare ancora in perdita.  Crollano invece del 26% le azioni di Capri Holdings (proprietario dei marchi Versace e Jimmy Choo) con risultati in calo e inferiori alle aspettative di Wall Street.

 

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