Petrolio e Yen sotto pressione

Seduta in rosso quella di ieri sulle principali Borse europee, con il Ftse Mib maglia nera -0,81%. Sul listino milanese in spolvero soprattutto Leonardo +3,28%, dopo i rumors di un imminente maxi-contratto con l’Egitto per la fornitura di 24 aerei Eurofighter Typhoon, mentre in fondo alla classifica troviamo Telecom Italia -3.11% e soprattutto il settore bancario. In negativo anche le altre principali Piazze finanziarie con Parigi -0,74%, Francoforte -0,66%, Londra -0,12% e Madrid 0,06%.

Correzioni in Europa figlie soprattutto di prese di profitto, dopo i recenti rialzi, in attesa della riunione della Bce di domani, e alla luce delle pressioni pervenute dall’inaspettata decisione della Bank of Australia.

Oltreoceano Wall Street riesce invece ad invertire la tendenza, nonostante un’apertura condizionata dal profit warning di Target, il secondo in poche settimane. S&P 500 che chiude con un +0,98%, Nasdaq 100 +0,87% e Dow Jones +0,79%. Mercati che, in attesa della lettura sull’inflazione statunitense, beneficiano di un Vix in calo, ieri di circa 4 punti percentuali, a quota 24 punti (sui valori del 22 aprile). Un abbassamento del valore potrebbe sfociare in una maggiore assunzione di rischio, soprattutto in quei fondi basati sulla volatilità, ma attenzione all’incognita di venerdì.

Profit warning di Target che merita un approfondimento. Con lo spostamento della domanda dei consumatori dalle categorie discrezionali (come i prodotti per la casa e l’elettronica) verso i beni di prima necessità (come gli alimenti e le bevande), alcuni rivenditori hanno bisogno di ridurre gli eccessi di scorte (aspetto inverso rispetto allo scorso anno dove i colli di bottiglia degli approvvigionamenti avevano generato assenze), riducendo i prezzi e cancellando gli ordini. Questo cambiamento nelle preferenze dei consumatori è in parte innescato dalla normalizzazione economica e in parte dall’elevata inflazione.

Nuove pressioni per lo Yen, con la coppia USDJPY che scambia oltre i 133 yen, ovvero su livelli che non venivano ad essere annotati da venti anni. A generare ulteriori pressioni soprattutto una politica monetaria espansiva, in contrapposizione a quella delle principali economie mondiali. Mercati che sembrano quindi continuare a mettere sotto prova la capacità della BoJ di difendere il tetto dello 0,25% sui rendimenti dei JGB a 10 anni.

A livello macro, tale scelta politica è probabile che possa generare pressioni rialziste sull’inflazione, soprattutto su quella importata. Tuttavia, dall’altra parte a beneficiarne sono soprattutto le imprese con inclinazione verso l’estero.

Nuvole all’orizzonte per l’economia secondo la fotografia scattata ieri nelle “Prospettive per l’economia italiana” dall’Istat. Stando all’Istituto il Belpaese continuerà a crescere nel 2022 ad un ritmo del +2,8% e del +1,9% nel 2023. Valutazioni quindi riviste al ribasso, rispetto alle stime dello scorso dicembre, che prevedevano per l’anno in corso una crescita del +4,7%, ma ben superiori rispetto a quelle attuali della Commissione Europea (+2,4%) e del Fondo Monetario Internazionale (+2,3%). Visione meno ottimistica invece se comparata con quella riportata dal Governo nel Def, approvato ad aprile, che stima per il 2022 una crescita del Pil al 3,1%. A spingere al ribasso le prospettive di crescita sono menzionati i rischi collegati con l’invasione dell’Ucraina, al ridimensionamento del commercio mondiale (da +6,4% a +4,9%), al deprezzamento del tasso di cambio dell’euro rispetto al dollaro (da 1,18 a 1,04) e ad un rialzo delle quotazioni del petrolio (da 70,4 dollari al barile a 101,4).

Simile lettura si riscontra nell’ultimo report della Banca Mondiale “Global Economic Prospects”: “Numerosi rischi potrebbero far deragliare ulteriormente quella che ora è una ripresa precaria. Tra questi c’è, in particolare, la possibilità di un’inflazione globale ostinatamente elevata accompagnata da una crescita tiepida, che ricorda la stagflazione degli anni Settanta. Questo potrebbe portare a un forte inasprimento della politica monetaria nelle economie avanzate per contenere l’inflazione, a un’impennata dei costi di finanziamento e forse a uno stress finanziario in alcuni Paesi emergenti”. La Banca Mondiale prevede un magro tasso di crescita globale del 2,9% nel 2022.

Agenda macroeconomica: Sul mercato europeo l’attenzione è rivolta sul livello di crescita; tuttavia, la risposta degli investitori potrebbe essere limitata dalle attese di domani da parte della Bce.

Negli Stati Uniti, con il prezzo del petrolio che viaggia sui $120 a barile, le scorte di greggio saranno attentamente monitorate. Variazioni potrebbero offrire letture sull’evoluzione del mercato e sull’entità delle scorte immesse.

Criptovalute: Alcuni indizi sul nuovo disegno di legge, chiamato Responsible Financial Innovation Act, sono stati ieri presentati a Washington. Obiettivo della legislazione quello di porre fine al selvaggio West. La SEC regolerà le attività digitali classificate come “securities” mentre la CFTC supervisionerà gli scambi di “commodities”. La categorizzazione, tuttavia, resta ancora ambigua e l’attenzione a riguardo resta d’obbligo.

 

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