Si riaffaccia la paura dell’inflazione e del percorso falco da parte della Fed (la cui decisione è attesa tra due settimane) per far frenare quel rally che ha visto i listini europei crescere quotidianamente dallo scorso giovedì. In una seduta di mercoledì caratterizzata dall’incertezza, con i listini del Vecchio Continente che più volte cambiano direzione per poi seguire i cali di Wall Street, a salire in cattedra sono soprattutto i decisi rialzi sui rendimenti statali (europei che americani).
Il rendimento sul decennale americano registra un deciso strappo al rialzo, scambiando a circa il 4,14% (+127 punti), su valori a cui non assisteva dal luglio 2008, e allungando così il suo rally. Area del 4% che diventa quindi il nuovo supporto più che resistenza e con una correlazione negativa negli ultimi 30 giorni a -0,88 sul Nasdaq e -0,84 sullo S&P 500 la situazione non risulta favorevole per i listini azionari.
Nonostante l’ultimo calo dei prezzi del gas naturale e del petrolio, l’inflazione dei prezzi al consumo non mostra segnali di allentamento sui timori europei. L’impennata dei prezzi dei generi alimentari ha portato l’inflazione nel Regno Unito al 10,1% a settembre, intensificando così pressioni sul già fragile rapporto tra governo e Banca d’Inghilterra affinché agiscano in maniera coordinata. L’inflazione dell’area dell’euro è stata rivista leggermente al ribasso nella lettura finale di settembre al 9,9, evitando così di catalogare un’inflazione a doppia cifra (le letture preliminari erano al 10,0%). Tuttavia, le pressioni sottostanti rimangono forti e l’indebolimento della domanda non ha ancora scoraggiato l’aumento dei prezzi al consumo. Ciò potrebbe pertanto ancora spingere la BCE ad un nuovo rialzo di 75 pb nella riunione della prossima settimana.
Nonostante la stagione delle trimestrali continui ad offrire segnali di ottimismo, vedi le risposte su Netflix, Lockheed Martin, Bank of America, Kroger per citarne alcune, questi potrebbero non essere sufficienti a calmare i venti agitati dei mercati con la decisione della Bce attesa la prossima settimana e la Fed quella successiva. Il Vix resta ancora in territorio non allarmante dei 30 punti, mentre si assiste a una divergenza tra il rapporto VVIX (ovvero la volatilità della volatilità) e il VIX rispetto all’andamento dello S&P 500. In passato, come possiamo osservare, la correlazione era stata forte, quasi vicino alla parità, ma nell’ultimo periodo questa ha mostrato segnali di divergenza, con l’attuale valore a 20 giorni perfino in territorio negativo. Rapporto VVIX/VIX che mostra perfino ricerche del suo bottom, il che mostra segnali di preoccupazioni sulla tenuta di questo mini rally.
Intanto i commenti da falco della Fed di ieri hanno sottolineato che la fine della stretta monetaria non è ancora in vista. James Bullard, presidente della FED di St. Louis, prevede che il processo dei rialzi aggressivi terminerà solo all’inizio del prossimo anno. Anche Neel Kashkari, della FED di Minneapolis, ha riportato che l’istituto potrebbe potenzialmente mettere in pausa i suoi aumenti dei tassi nel corso del prossimo anno, ma non vede ancora alcuna prova di una moderazione dell’inflazione di fondo, mentre Charles Evans (della Federal Reserve di Chicago) ha sottolineato come la Fed potrebbe dover fare di più se le pressioni sui prezzi dovessero peggiorare. Di fatto i mercati continuano a scommettere sui maggiori rialzi da parte della Fed, con le probabilità in aumento sulla coda destra, come ad esempio possiamo osservare nella riunione di febbraio (la prima del prossimo anno) con i “CME FedWatch Tool che hanno visto un rialzo delle probabilità per un aumento al 5,25% passata dal 17,6% della scorsa settimana all’attuale 36,4%.
Nel frattempo, in Giappone, il rendimento decennale si è nuovamente spinto oltre l’auto imposto cap dello 0,25% della BoJ, inducendo la Banca a nuovi interventi. Situazione che aggrava lo stato sullo Yen, il quale scambia su valori a cui non assisteva dal 1990 ad un passo dalla soglia chiave dei 150 dollari. Il Giappone si è impegnato a mantenere i tassi di interesse ultra-bassi per sostenere la ripresa economica del Paese dopo la pandemia. Questo ha portato a una divergenza monetaria ancora più ampia, in quanto le altre principali economie hanno inasprito le politiche per combattere l’inflazione. Il risultato è uno yen che scambia sui minimi di 32 anni e spingendo la banca centrale a modificare la sua politica di controllo della curva dei rendimenti, a lungo perseguita. Sarà ora importante osservare la possibile risposta da parte del governo per sostenere una valuta in difficoltà.
In Italia infine prende maggiore piede il rischio di una recessione tecnica, dopo l’allarme suonato dal FMI. Ieri a gettare nuova benzina ci ha pensato la nota congiunturale dell’Ufficio Parlamentare di Bilancio (UPB), il quale nei suoi nuovi calcoli vede in frenata dello 0,2% il Pil nel periodo luglio-settembre e peggioramento nell’ultimo trimestre.
Oggi prende il via la riunione di due giorni del Consiglio dell’UE. Al centro restano le discussioni per limitare gli aumenti dei prezzi dell’energia, ma dietro le quinte potrebbero svolgersi anche discussioni su un altro ciclo di prestiti sostenuti dall’UE. Dalla Germania arrivano i prezzi alla produzione di settembre. Prezzi che hanno registrato aumenti del 2,3% rispetto al mese precedente, in netto rallentamento rispetto all’impennata del 7,9% precedente, ma comunque superiore alle aspettative del mercato poste all’1,3%. Nella giornata saranno attese le decisioni di politica monetaria da parte della Banca centrale turca, il cui tasso è atteso in calo al 11%, dal precedente 12% mentre negli Stati Uniti i dati sul mercato del lavoro e l’indice manifatturiero di Philadelphia saranno monitorati così come gli interventi attesi da parte dei membri Fed.
Sul fronte delle trimestrali sono oggi attesi i dati per Danaher, Philip Morris, Union Pacific Corporation, AT&T, Blackston, CSX, ABB, Barclays, Nokia e Nucor per citarne alcuni.
Continua la divergenza del Bitcoin rispetto ai mercati tradizionali. Mentre l’indice tecnologico americano registra una decisa volatilità, catalogando di recente un nuovo minimo, l’evoluzione del re delle criptovalute continua nella sua lateralità, alla quale assistiamo dalla seconda metà di giugno.
Situazione quest’ultima assai “strana”, evidenziando una divergenza e la necessità di una maggiore attenzione da parte degli investitori. Infatti, con l’azionario e il Nasdaq che nelle passate sedute sono stati alla ricerca del proprio bottom, sarebbe stato “normale” attendersi vendite sugli asset maggiormente rischiosi, quale appunto Bitcoin. Condizione che invece è stata snobbata dalla criptovalute, la quale ha proseguito nella sua assenza di trend.
Proprio inoltre analizzando la correlazione, relativa agli ultimi 30 giorni, si può notare un deciso cambiamento: con i valori che da quasi una correlazione perfetta 0.8 sono passati a una quasi assenza di correlazione 0.16. Situazione non nuova, ma generalmente non di lungo periodo.
Da un punto di vista tecnico si rileva l’assenza di un trend, con un ADX a soli 12 punti. Una decisa compressione della volatilità, con le Bande di Bollinger decisamente strette, segnale di una lateralità e di una prossima “esplosione” da dover monitorare. Inoltre, sul grafico giornaliero si registra una divergenza positiva tra la price action e l’andamento del RSI e MACD, con il primo che riporta minimi decrescenti e gli altri minimi crescenti.
Divergenza positiva che tuttavia deve essere accostata con la formazione di un rettangolo, il quale generalmente rappresenta una figura di continuazione (in una tendenza attualmente ribassista).
Apatia persistente tra gli investitori visibile, inoltre, all’interno dei flussi sui prodotti di investimento, con i dati CoinShare che mostrano per la settimana appena trascorsa flussi in aumento per un totale solamente di 12 milioni di dollari. Nelle ultime 5 settimane i flussi, che si tratti di afflussi o deflussi, hanno rappresentato poco meno dello 0,05% dell’AUM.
Situazione di incertezza che è visibile, inoltre, all’interno dell’intero mercato dei cripto asset, con la dominance di Bitcoin che, nonostante la recente lateralità, mostra segnali di ripresa – segnale di debolezza sul mondo Altcoin.
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