Mercati sulle ali dell’entusiasmo e, allo stesso tempo, timorose delle parole odierne della Fed.
Ieri i mercati azionari (europei ed americani) hanno chiuso in rialzo, sebbene in correzione dopo i massimi intraday registrati. A sostenere gli acquisti la pubblicazione statunitense sui prezzi al consumo di novembre, la cui lettura si è assestata al +7,1% a/a, ben al di sotto delle aspettative del +7,3%, confermando soprattutto la direzione al ribasso iniziata con la lettura di luglio. Anche i prezzi al consumo core hanno convalidato la direzione, con una lettura mensile in rialzo solamente dello 0.1%, il minor aumento registrato dall’agosto 2021.
Tendenza al ribasso che dimostra come la medicina della Fed stia funzionando e che il gli Stati Uniti stia tornando lentamente alla normalità. Ciò rappresenta un’ottima notizia, soprattutto con un mercato del lavoro ancora sorprendentemente forte, rafforzando le probabilità per un atterraggio morbido. C’è tuttavia un dettaglio scoraggiante. L’inflazione dei servizi ha subito un’ulteriore accelerazione il mese scorso, e questo deve far riflettere la Fed sul fatto che questo rapporto possa essere considerato una vittoria. La banca centrale americana ha un maggiore controllo sui prezzi dei servizi; quindi, tale rialzo potrebbe far pensare che Powell abbia bisogno di un maggiore raffreddamento dell’economia.
Inflazione in calo che potrebbe essere la buona notizia di cui il mercato aveva bisogno per costruire una base appena sopra i minimi. Ma gli investitori devono fare attenzione. L’inflazione non è ancora completamente gestita ed è facile che i mercati si lascino trasportare.
Intanto la reazione dei mercati è stata da manuale di propensione al rischio, con il calo dei rendimenti obbligazionari, prevalenti acquisti sui settori maggiormente sensibili ai tassi, quali real estate e tecnologia, vendite sul VIX così come sul dollaro statunitense. A guidare i rialzi soprattutto i titoli a maggiore capitalizzazione, i maggiori perdenti di quest’anno. Anche le notizie aziendali positive hanno contribuito ai rialzi. Moderna ha chiuso in aumento di quasi il 20% dopo aver comunicato che i risultati dello studio di fase 2 del suo vaccino antitumorale con KEYTRUDA hanno ridotto il rischio di recidiva o di morte per melanoma. Al lato opposto, tra i principali perdenti, troviamo ancora Tesla, ieri in calo di quasi il 4% (-59% da inizio anno), scesa in ottava posizione tra le società mondiali a maggiore capitalizzazione, superata da UnitedHealth.
Con i mercati che ampiamente scontano un rialzo odierno di 50 punti base, gli investitori hanno ridotto il prezzo del tasso terminale a circa il 4,85%. Quindi l’attenzione odierna sarà maggiormente concentrata sia sul “dot plot” che sul tono di Jerome Powell. Sarà molto probabile che la Fed cercherà ancora di evitare di innescare una reazione del mercato troppo accomodante, ricordando come, nella scorsa conferenza di novembre il numero uno della Fed innescò la maggiore correzione di un Fed Day dal 1994.
In Europa ieri nuova fumata nera alla riunione dei ministri dell’Energia, volto a definire i meccanismi su un possibile tetto europeo al prezzo del gas. Decisione rinviata al 19 dicembre. Nonostante una lunga trattativa, le parti non sono riuscite a trovare un accordo, anche se visibilmente le distanze si sono accorciate. Intanto gli impianti di stoccaggio dell’UE sono vicini al 90% della loro capacità. L’Agenzia internazionale dell’energia (IEA) ha stimato che, in assenza di forniture russe e senza riduzioni della domanda, i livelli di stoccaggio di gas nell’UE saranno compresi tra il 5% e il 20% a febbraio. A questi livelli, secondo l’IEA, aumenta il rischio di interruzioni dell’approvvigionamento in caso di un periodo di freddo intenso con possibili nuove pressioni sui prezzi.
Sul fronte tecnico alcuni interessanti spunti da monitorare, in una seduta attesa volatile soprattutto durante la conferenza stampa. Lo S&P 500 ha ieri chiuso sopra la propria media a 200 giorni e ora si trova nuovamente a far fronte alla resistenza posta dalla trendline decrescente generata dai massimi di marzo.
Il Dow Jones sembra sempre più vicino ad un Golden Cross, ovvero ad un incrocio al rialzo tra la sua media mobile giornaliera a 50 e 200 giorni.
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