Mercati azionari e obbligazionari: scommettere contro le banche centrali in un clima di incertezza geopolitica

Scommettere contro le banche centrali non è sempre la scelta migliore. I mercati azionari hanno puntato su un percorso decisamente più idilliaco, caratterizzato da un’inflazione in discesa, da una recessione scongiurata e da una Federal Reserve pronta a rivedere al ribasso i propri tassi entro l’anno. Tutto questo mentre i mercati obbligazionari riportano l’esatto opposto, con una possibile prossima recessione (inversione della curva dei tassi) e rendimenti sui Treasury che, da fine gennaio, hanno invertito la tendenza al ribasso. A tutto questo si deve poi aggiungere l’acutizzarsi della tensione geopolitica tra USA e Cina e una stagione delle trimestrali pronta ad offrire segnali non sempre incoraggianti. Anche ieri, la geopolitica potrebbe essere stata la vera protagonista, con la Russia che ha annunciato la sospensione del trattato START sulle armi nucleari, mentre il Presidente Biden ha giurato il suo sostegno all’Ucraina. Nel frattempo, l’alto diplomatico cinese Wang Yi, dopo i vari incontri in Europa, ha fatto tappa ieri a Mosca, riportando come i legami tra i due Paesi (Russia e Cina) siano “solidi come una roccia e resisteranno alle prove della mutevole situazione internazionale”, con la Cina che ha rappresentato il principale acquirente russo di combustibili fossili, con oltre 62,429 milioni di euro dallo scoppio della guerra.

La seduta di ieri, che ha visto il ritorno di Wall Street, ha invece registrato un ritorno all’avversione al rischio, con i mercati azionari globali in decisa correzione. I listini europei sono rimasti negativi per la maggior parte della giornata, nonostante il segnale incoraggiante proveniente dai PMI, o meglio sui PMI dei servizi e composite. Infatti, quello manifatturiero continua a mostrare preoccupazioni, con valori inferiori alle attese e sotto la soglia dei 50 punti per l’ottavo mese consecutivo. Allo stesso tempo, lo ZEW Economic Sentiment per la Germania è migliorato per il quinto mese consecutivo, superando le aspettative. Tutto questo, tuttavia, non è bastato a fornire nuova energia al rally europeo, anzi, alimentando i timori che le principali banche centrali possano continuare ad aumentare i tassi di interesse e per un periodo più lungo.

La situazione negli Stati Uniti non è migliore, con tutti e tre i principali indici statunitensi in decisa ritirata, restituendo il maggior calo percentuale e di punti in una seduta dal 15 dicembre, con tutti gli 11 settori dell’S&P 500 in discesa, così come 29 dei 30 titoli del Dow. I rendimenti dei Treasury decennali sono invece aumentati notevolmente, superando il 3,9%, il massimo dallo scorso novembre, appena al di sotto del 4%. Anche le notizie societarie di martedì sono state negative per il mercato complessivo.  Nordson ha chiuso in ribasso di oltre il -13% dopo aver riportato un utile per il 1° trimestre più debole del previsto e aver tagliato le stime per l’intero anno.   Ma soprattutto a spaventare i listini sono stati i commenti provenienti dai grandi venditori. Il rivenditore di articoli per la casa Home Depot ha avvertito che i suoi profitti diminuiranno quest’anno a causa dell’investimento di un ulteriore miliardo di dollari in aumenti salariali per i suoi dipendenti. Anche Walmart, nonostante dati superiori alle attese, ha spaventato i mercati fornendo previsioni poco incoraggianti per l’anno in corso.

Le correzioni degli ultimi giorni possono sembrare brusche, ma non bisogna dimenticare che i mercati hanno avuto un’impennata in un tempo piuttosto breve, quindi una pausa potrebbero essere fisiologica, se non appropriata. L’S&P 500 è in netto rialzo dallo scorso ottobre e, anche con la recente debolezza, le azioni sono ancora in rialzo di quasi il 3,7% nel 2023. Difficile ipotizzare, allo stato attuale, che si possano testare nuovamente i minimi di ottobre ma la volatilità potrebbe restare protagonista.

Nel frattempo, sul fronte delle materie prime continuano le vendite, con l’indice CRB che ieri è sceso di poco meno di un punto percentuale (-2,73% da inizio anno). Il gas americano che ieri è crollato di quasi il 9%, sui minimi di settembre 2020 e in calo di quasi l’80% dai massimi di agosto 2022. A spingere al ribasso le quotazioni soprattutto previsioni per un clima più mite e una minore domanda di riscaldamento. Anche il gas europeo TTF registra importanti flessioni, sceso di oltre l’85% dai massimi di agosto, con l’Europa che vede ora maggiori preoccupazioni non più per l’inverno ma per la siccità. Carenza d’acqua che potrebbe avere impatti sulla produzione idroelettrica con possibili future ripercussioni sui prezzi energetici. Intatto la Cina continua a guardare meglio al futuro, prendendo il controllo del mercato del GNL. La Cina si sta affrettando a firmare il maggior numero di accordi di acquisto di GNL a lungo termine di qualsiasi altra nazione, per poi valutare rivendite ai migliori offerenti in Europa/Asia, diventando un intermediario chiave.

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