L’assenza del supporto obbligazionario

Il 2022 resterà senza ombra di dubbio all’interno degli almanacchi degli analisti, caratterizzato, oltre che da una correzione dei mercati azionari, con alcuni di essi entrati nell’area di recessione tecnica, anche da movimenti in negativo dei mercati obbligazionari.

Senza ombra di dubbio troppe sono state le incertezze che da inizio anno ci hanno accompagnato: da un’inflazione galoppante e con le banche centrali lontane dalla curva, dalla fine di una politica monetaria espansiva – caratterizzata da rialzi dei tassi e fine del Quantitative Easing –  all’inversione (temporanea) della curva dei tassi, ai lockdown asiatici, all’invasione dell’Ucraina da parte della Federazione Russa e con gli effetti catastrofici che si sono quindi susseguiti sulle economie e sul mercato delle materie prime (da quelle energetiche e quelle alimentari). E la lista potrebbe continuare.

Eppure, il panico non si è mostrato sui mercati, con il Vix che nell’anno ha registrato solamente un massimo di circa 33 punti – ben al di sotto dei valori medi che hanno accompagnato periodi di recessione sui mercati.

Alcuni analisti, esempio quelli di Goldman Sachs riportano la fine di un “ciclo moderno” iniziato negli anni ’80 e guidato da una minore inflazione, banche centrali indipendenti, globalizzazione e cicli più lunghi. A subentrare ora un ciclo “post-moderno” caratterizzato da una regionalizzazione, manodopera e materie prime più costose, nonché governi più attivi.

Ben più marcati invece i movimenti sul mercato obbligazionario con il MOVE, che misura la volatilità del mercato obbligazionario statunitense che ha superato i massimi del 2020, annotando massimi a cui non si assisteva dal lontano 2009.

A tal riguardo possiamo osservare come quest’anno un eventuale investimento (dati al 10 giugno) sull’azionario americano (per semplicità ho ripreso l’ETF SPY – SPDR S&P 500 ETF Trust) sarebbe in negativo, così come un eventuale investimento esclusivo sull’obbligazionario statunitense (per semplicità calcolato con l’ETF AGG – iShares Core US Aggregate Bond ETF). Una situazione anomale e mai verificatasi.

Non meglio l’obbligazionario europeo con lo iShares Core Euro Government Bond UCITS ETF (Dist), che replica i titoli di stato denominati in Euro emessi da membri dell’eurozona, che da inizio anno vede cedere circa il 12%.

Questo a dimostrazione di un anno inconsueto, dove le regole di base a volte non funzionano.

Con un’inflazione in aumento e la crescita che rallenta, le preoccupazioni su dove investire si fanno alte. A tal riguardo resta d’obbligo valutare attentamente una maggiore diversificazione del proprio portafoglio, sulle aziende che forniscono flussi di cassa e reddito ora (non nel futuro) nonché sui classici rifugi contro la volatilità.

 

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