La tanto attesa decisione di politica monetaria da parte della Federal Reserve frena la corsa di Wall Street, almeno per ora. Sebbene le attese per un rialzo di 50 punti base fossero ampiamente scontate dai mercati, a far crollare ieri i titoli azionari, ben prima che Jerome Powell prendesse la parola, le pubblicazioni sugli aggiornamenti economici, con i “dot plot” che riportano un percorso dei tassi più falco rispetto a quanto previsto dal mercato negli ultimi tempi, con ben 17 delle 19 previsioni individuali che vedono il Fed Funds Rate al di sopra del 5% nel 2023.
In particolare, le proiezioni della Fed indicano un tasso terminale del 5,1% nel 2023, leggermente al di sopra delle aspettative del mercato che si avvicina al raggiungimento di un tasso di picco del 4,75% – 5,0%. Le proiezioni della Fed mostrano anche un rallentamento della crescita economica allo 0,5% nel 2023 (in calo rispetto all’1,2% nella riunione di settembre) e una moderazione dell’inflazione core al 3,5% nel 2023 (rispetto alla proiezione del 3,1% di settembre).
La Fed ha ufficialmente cambiato marcia nei rialzi dei tassi e forse si sta avvicinando alla fine del percorso. Ma il lavoro è tutt’altro che finito. Ieri la Federal Reserve ha praticamente affermato come i tassi potrebbero salire ancora e che l’inflazione potrebbe impiegare ancora più tempo per tornare sotto controllo rispetto a quanto si pensava solo pochi mesi fa.
Ai mercati non piace l’idea di tassi ancora più alti. Le stesse proiezioni della Fed non prevedono tagli dei tassi fino al 2024. È chiaro che si stanno realizzando progressi sul fronte dell’inflazione, ma la Fed vuole essere sicura di riuscire a tenere i prezzi sotto controllo, evitando di allentare la presa prima del dovuto.
Durante la conferenza stampa Powell riporta infatti: “I dati sull’inflazione ricevuti finora per ottobre e novembre mostrano una gradita riduzione del ritmo mensile di aumento dei prezzi. Tuttavia, occorreranno prove molto più consistenti per dare la certezza che l’inflazione abbia imboccato un percorso di discesa duraturo. Le pressioni sui prezzi rimangono evidenti in un’ampia gamma di beni e servizi”. Inoltre, aggiunge “abbiamo percorso molta strada e gli effetti del nostro rapido inasprimento devono ancora farsi sentire. Tuttavia, abbiamo ancora molto lavoro da fare.”
Interessante, tuttavia, osservare come non si sono generate importanti variazioni all’interno del percorso atteso sui tassi americani, monitorato dai CME FedWatch Tool, con le probabilità odierne di un percorso della Fed in linea con quello rilevato un mese fa, e perfino inferiore a quello della passata settimana. Dati che lasciano pertanto ben sperare su una possibile ripresa dei mercati.
Nonostante la dichiarazione aggressiva del FOMC, il rendimento dei titoli di Stato USA a 10 anni sono scesi al 3,422% dopo che il presidente della Fed Powell ha dichiarato che ci sono “alcuni segnali iniziali” di un rallentamento dell’inflazione core dei servizi e degli alloggi e che la Fed si sta “avvicinando” a tassi sufficientemente restrittivi.
Durante la notte, i dati cinesi sulle vendite al dettaglio e sulla produzione industriale di novembre hanno mostrato un rallentamento ancora più marcato di quanto prevalentemente atteso, enfatizzando gli effetti negativi degli aumenti dei casi di Covid sull’attività. Mercati che continuano a monitorare la situazione del Covid in Cina, con le principali città, tra cui la capitale Pechino, alle prese con un’impennata delle infezioni dopo che il Paese ha invertito le rigide restrizioni a zero Covid la scorsa settimana. Nel frattempo, prima dell’apertura del mercato, la Banca Popolare Cinese ha fissato il tasso medio a un nuovo massimo di tre mesi, 6,9343 per dollaro, ma la mossa non è riuscita a sostenere la valuta.
I mercati azionari europei che si avviano verso un’apertura in ribasso. Gli investitori attendono con cautela le decisioni di politica monetaria della Banca Centrale Europea, della Banca d’Inghilterra e della Banca Nazionale Svizzera.
La stabilizzazione dell’inflazione core dell’area dell’euro a novembre, associata all’indebolimento delle prospettive di crescita e alle recenti mosse della Fed, forniscono probabilmente alla BCE argomenti sufficienti per rallentare il ritmo di rialzo a 50 pb. Resterà tuttavia interessante monitorare, durante la conferenza stampa, le future evoluzioni che l’Istituto di Francoforte prevede intraprendere non solamente in termini di percorso sui tassi, ma soprattutto di QT.
Intanto osservando le evoluzioni sulle principali Piazze Finanziarie dall’inizio della conferenza stampa da parte della BCE (post decisione politica monetaria) fino alla chiusura di giornata, si osserva come nelle ultime due sedute il FTSE MIB sia stato il maggior beneficiario, a differenza dell’indice francese. CAC 40 che inoltre registra la principale flessione media da inizio anno, con un valore del -0,23%, seguito dal DAX – e AEX con un -0,14%.
Sul fronte inglese, con i rischi di recessione maggiormente pronunciati, sarà interessante monitorare i toni che la Banca d’Inghilterra potrà utilizzare.
Le vendite al dettaglio statunitensi di novembre sono anch’esse in agenda questo pomeriggio e forniranno ulteriori indizi sullo stato di salute della spesa dei consumatori dopo il recente rimbalzo della fiducia. Inoltre, i leader dell’UE si riuniscono oggi a Bruxelles per discutere del nono pacchetto di sanzioni alla Russia, del controverso tetto ai prezzi del gas e della competitività europea alla luce del piano IRA statunitense.
Sul fronte societario non ferma l’emorragia per Tesla, con il suo patron che ha riportato vendite per almeno 2 mln di azioni Tesla, per un controvalore di $3,38 mld. A differenze delle passate vendite questa volta Musk avrebbe operato su un minimo del titolo, lasciando perplessità a riguardo. Nell’ultimo anno Elon Musk avrebbe venduto azioni Tesla per un valore di 40 miliardi di dollari. Casa automobilistica che paga a caro prezzo l’acquisto di Twitter, con la capitalizzazione complessiva che dopo essere scesa nell’anno al di sotto del trilione vede ora valori inferiori ai $500 mld.
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