Inflazione rallenta a un ritmo graduale, ma mercati restano cauti

Nonostante le attese dei mercati per le letture sull’inflazione al consumo nelle scorse sedute, la realtà è stata diversa da quanto suggerito dalla narrativa. Nonostante una pubblicazione migliore delle attese, con l’inflazione annua che registra il suo decimo calo consecutivo, pareggiando l’evoluzione del 2012, la risposta dei mercati è stata sorprendentemente indifferente. Dopo una prima reazione positiva, i commenti dei vari analisti sembrano guardare il bicchiere mezzo vuoto e mezzo pieno, e la mancanza di una risposta decisa dei mercati potrebbe essere dovuta a una serie di fattori, come l’incertezza economica generale, il dibattito sul tetto del debito pubblico o la cautela degli investitori nell’attesa di ulteriori sviluppi del mercato.

Con un’inflazione al 4,9% su base annua e al 5,5% nell’inflazione core, le pubblicazioni di ieri hanno evidenziato un’inflazione che continua a rallentare a un ritmo graduale. Anche la composizione dell’inflazione sta cambiando, con l’inflazione dei servizi in netto calo rispetto allo scorso anno, il che rappresenta una buona notizia per la Fed.

La stampa di un’inflazione in calo ha provocato una diminuzione nei rendimenti statunitensi, soprattutto nella parte a breve termine. Per il momento, sembra che la pausa della Fed si sia consolidata, sebbene restino le speculazioni dei mercati per tre possibili tagli da 25 punti base nell’anno (settembre, novembre e dicembre), tuttavia con probabilità ancora in bilico, prossime al 50%.

Di fatto il mercato è stato nuovamente trainato al rialzo delle solite prime della classe: Alphabet, Microsoft, Amazon, Apple e Nvidia, salite al rialzo sulla scia della stampa di un’inflazione debole. Crescita dello S&P 500 che viene invece ad essere contenuta dai titoli ciclici, più strettamente legati all’economia reale, scambiati per lo più al ribasso – evidenziando preoccupazioni sul ciclo economico. Il settore tecnologico e quello immobiliare, sensibili ai tassi, hanno quindi sovraperformato a scapito dei settori value, banche, energia e industriali. Inoltre, gli Stati Uniti hanno avuto una performance superiore rispetto all’Europa, che è stata in calo durante la giornata e che è maggiormente rappresentata da aziende value.

Questa mattina il dato sull’inflazione cinese di aprile è risultato più debole del previsto, pari allo 0,1% annuo (contro il consenso dello 0,4%) – il ritmo più lento dall’inizio del 2021.  Anche, l’evoluzione sui prezzi alla produzione al -3,6% a/a, in negativo da 7 mesi consecutivi (ovvero in deflazione), rischia di vanificare ogni speranza di ripresa della domanda, con il rischio di una possibile crescita debole nel 2° trimestre, il che non è positivo per la crescita globale. Dati che potrebbero portare pressioni sulle aspettative per un possibile taglio dei tassi in Cina a breve.

 

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