Il punto sui mercati

Si è quasi al giro di boa di questo 2022 di una regata assai impervia. Nell’ultima settimana tra il club degli indici scambiati in area di recessione, oltre al Nasdaq 100, si aggregano lo S&P 500, l’AEX di Amsterdam e il FTSE MIB di Milano.

In queste 24 settimane del 2022 ben 17 sono state le chiusure settimanali in negativo per lo S&P 500, ovvero sette su dieci, di cui da aprile, di undici settimane, solamente una, quella del 22 maggio, ha visto una chiusura in positivo. Non un bel biglietto da visita per il principale mercato mondiale che ben evidenzia lo stato di preoccupazioni che aggrava i mercati da primavera. Peggio ha fatto il Nasdaq 100 con solamente 8 settimane in positivo su 24 ma soprattutto il Dow Jones con unicamente 5 settimane in verde.

In Europa, Milano ed Amsterdam entrano nell’area della recessione. A Milano non sono bastati i tentativi della Bce a placare le preoccupazioni che nelle ultime due settimane hanno affossato l’indice con perdite di quasi il 10%. Piazza Affari che, a differenza degli indici statunitensi, registra “solamente” 13 settimane in negativo, tuttavia con flessioni più marcate (-12% della settimana dell’invasione russa in Ucraina).

Nonostante una performance da dimenticare e le preoccupazioni che continuano ad attanagliare gli investitori, ad oggi, dati Factset, circa il 56,9% dei giudizi sui titoli dello S&P 500 sono valutazioni Buy, il 37,7% Hold e il 5,4% Sell. Giudizi di acquisto che, sebbene in discesa negli ultimi mesi (dal picco del 57,4% a fine febbraio) evidenziano ancora un deciso ottimismo offerto dalle stime sugli utili. Se da una parte alcuni economisti profetizzano l’arrivo di una recessione dall’altra, la maggior parte degli analisti, o meglio dell’analisi, non stimano ancora tali effetti negativi proiettati sulle principali società americane.

Goldman Sachs, nel suo bollettino settimanale, invece pone l’enfasi sulle statistiche: dal 1950 si sono verificati 11 precedenti episodi di mercato orso. Dopo l’ingresso in un tale mercato, l’indice è sceso per altri 1-2 mesi prima di raggiungere il minimo. Il calo mediano da picco a picco durante tali periodi è stato pari a -34% (attualmente stiamo ad un -24% sull’S&P 500). Nei 4 casi di mercato orso non accompagnati da una recessione nei successivi 12 mesi, il rendimento mediano a 6 mesi è stato del +16%. Nei restanti 7 episodi seguiti da una recessione, il rendimento mediano a 6 mesi dell’indice è stato del -7%. Quindi una situazione che potrebbe essere letta come un interessante opportunità di risk/reward, sebbene personalmente l’invito resta quello di ricordarsi come ogni correzione di mercato sia ben diversa. Ad esempio, le correzioni del periodo 1950-1990 sono state più spesso causate da inasprimenti della politica monetaria e da shock petroliferi, mentre le correzioni più consistenti post anni 90 sono state maggiormente causate dal ridimensionamento del settore privato dopo l’accumulo di leva finanziaria.

Maggiori preoccupazioni si registrano soprattutto sul mercato delle materie prime che continua a caratterizzarsi per la sua volatilità. Se da una parte il prezzo del gas americano scende del 21%, quello europeo misurato dal TTF ha registrato un’impennata nella scorsa settimana della “bellezza” del 42%. Situazione che riporta nuovamente allarme e la necessità di un nuovo intervento a placare un mercato che, altrimenti, potrebbe ritornare facilmente sui valori di marzo. La risposta attuale alla crisi, come per la seconda crisi petrolifera, sembra essere il ritorno al carbone. La Germania, per mezzo del suo Ministro dell’Economia e della protezione del clima Robert Habeck ha ieri riportato come per combattere le limitazioni delle forniture di gas russo, la quale rappresenta una situazione “grave”, la Germania adotterà misure volte al risparmio di gas (finalmente si parla non solo di fornitura ma anche di consumo). Scelta che tuttavia porta Berlino a puntare sulle centrali a carbone per ridurre il consumo di gas nel settore elettrico. Anche Roma valuta la situazione gas preoccupante e ha fissato per martedì pomeriggio una riunione del comitato tecnico di emergenza e monitoraggio del gas naturale. Il rischio è quello di entrare in uno “stato di allarme”, il secondo livello di attenzione in una scala di tre prevista dal Piano di emergenza.

Rischio europeo che oltre ad alimentarsi con un’inflazione energetica che fatica a rallentare ora trova anche un ulteriore fattore di rischio in campo politico. Le elezioni di domenica in Francia e Spagna hanno infatti bocciato i governi in carica. In Francia Macron potrebbe perdere la maggioranza assoluta al Parlamento a seguito di un’inaspettata ondata di sostegno all’estrema destra; mentre in Spagna il governo Sanchez riporta una pesante sconfitta elettorale in Andalusia, la regione più popolosa del paese. Inflazione, caro carburante, aumento delle bollette, guerra in Ucraina sono solo alcune delle preoccupazioni che stanno portando i governi al patibolo.

Calendario: Settimana non più all’insegna delle decisioni di politica monetaria delle principali banche centrali, sebbene la testimonianza del presidente della Federal Reserve Jerome Powell al Congresso, attesa per mercoledì, potrebbe essere attentamente vagliata dai mercati. La necessità di combattere l’inflazione attraverso un aumento aggressivo dei tassi potrebbe essere il messaggio che la Fed desidera inviare a Washington e ai mercati, nonostante la loro ultima correzione.

Lettura sul livello di inflazione per maggio attesa martedì per il Regno Unito (con un valore atteso al 9,1%) e il Canada mentre la settimana sarà prevalentemente focalizzata sulle rilevazioni PMI in Europa e in America.

Giovedì prende il via in Cina il 14° BRICS Summit: Brasile, Russia, India, Cina e Sudafrica discuteranno dell’attuale stato di crisi. In nuova opportunità per Mosca per rafforzare le relazioni verso nuovi mercati, volti a sostituire quelli Europei.

Attenzione, infine, alle sorprese che potrebbero pervenire dalla decisione della Banca Centrale turca, attesa per giovedì, dove sebbene le attese siano per uno status quo del 14% l’elevata inflazione registrata (con valori che a maggio viaggiano sul 73,5%) potrebbe generare nuove pressioni sulla strada di “bassi tassi” (il tasso ufficiale è al 14%) intrapresa da Erdogan.

L’Organizzazione Mondiale della Sanità sarà al centro dell’attenzione apprestandosi a votare se dichiarare il vaiolo delle scimmie un’emergenza sanitaria, attenzione quindi ai diversi titoli interessanti. Anche i titoli delle armi e delle munizioni saranno oggetto di attenzione, con alcuni repubblicani che hanno aperto la porta a un potenziale voto su una legge sulle armi. Smith & Wesson, Sturm, Vista Outdoor, Sportsman’s Warehouse, e Olin Corporation sono solamente alcuni dei titoli che potrebbero registrare una maggiore volatilità.

Criptovalute: Non si fermano le preoccupazioni sul mondo virtuale, alle prese con le difficoltà di un’inflazione galoppante e di una politica monetaria restrittiva – a conferma come le crypto-asset non possano esimersi dalle problematiche reali. Se ad essi si aggiungessero le difficoltà sul mondo della DeFi e del fondo crypto Three Arrow Capital, questo spiegherebbe bene la caudata di Bitcoin sotto la soglia dei $20 mila e di una capitalizzazione complessiva del mondo cripto a $872 mld (maggiore ancora della capitalizzazione di Piazza Affari pari a € 646,7 mld, pari a circa 679 mld di $).

Volatilità che resta padrona almeno stando al BitVol (Bitcoin Volatility) di T3Index, il quale offre una misura della volatilità implicita prevista a 30 giorni. Valori che viaggiano su nuovi massimi di inizio anno, ma che non sono nuovi in tale mercato con picchi quasi doppi di quelli attuali.

Intanto la DeFi continua ad evidenziare nuove problematiche e soluzioni non proprio ortodosse. Domenica i possessori del token Solend – app Defi di Solana- hanno votato per rilevare temporaneamente l’account di un utente di grandi dimensioni che starebbe affrontando la minaccia di una grande liquidazione. Le sue esposizioni evidenziano la sua rilevanza nella comunità di Solend

  • 5,7 milioni di SOL depositati ($ 170 milioni)
  • 108 milioni di USDC e USDT presi in prestito
  • 25% di TVL del progetto
  • 95% dei depositi SOL (pool principale)
  • 88% dei prestiti USDC (pool principale)

Secondo la stima di Solend, se il tasso del SOL/USDT scendesse a $ 22,30 (attualmente pari a 32,30), l’acquisto del prestito sarebbe liquidato al venti per cento del valore del prestito, che equivarrebbe a circa $ 21 milioni. L’impresa teme che le borse DEX di Solana non abbiano liquidità sufficiente per far fronte alla somma. Di qui la decisione passata con il 97,5% del consenso di emettere requisiti speciali di margine per le grandi balene che rappresentano oltre il 20% dei prestiti e concedere a Solend Labs il potere di rilevare temporaneamente il conto della balena in modo che la liquidazione possa essere eseguita OTC. Una espropriazione vera e propria per il benessere della comunità che difficilmente si uniforma nei principi del libero mercato.

 

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