I mercati si innamoreranno del regalo sull’inflazione americana?

Buon San Valentino. La festa degli innamorati cade proprio nel giorno clou dei mercati, con le letture statunitensi sul costo della vita attese nella giornata. Innamorati che potrebbero quindi trovarsi con un occhio sul proprio partner e un altro a controllare la risposta dei mercati. Spesa di San Valentino, che rappresenta un importante banco di prova della propensione al consumo, vede in America una spesa complessiva stimata a circa 26 miliardi di dollari, ovvero di 193 dollari a testa, in aumento del 10% rispetto allo scorso anno. In Italia le stime parlano di una spesa inferiore, pari a circa 200 milioni di euro (dati Coldiretti), ovvero di quasi 71 euro a persona (stime Confesercenti). Con un’inflazione che in Italia dal gennaio 2021 a dicembre 2022 è cresciuta del 15,2% a riportare i minori rincari, tra i classici regali, il cioccolato (salito del +3,9%) mentre i fiori restituiscono la maggiore crescita +13,6% – comunque inferiore al livello di inflazione generale posto a un +15,2%.

Mercati finanziari che chiudono la prima seduta della settimana in deciso territorio positivo, dimenticandosi le normali abitudini di preoccupazioni che aleggiano in una seduta che anticipa un importante pubblicazione macroeconomica nonché con i commenti della Fed sempre pronta a bacchettare l’euforia dei mercati. Ieri il governatore della Fed Bowman ha affermato: “siamo ancora lontani dal raggiungere la stabilità dei prezzi e prevedo che sarà necessario inasprire ulteriormente la politica monetaria per far scendere l’inflazione verso il nostro obiettivo”. Parole che avrebbero potuto far mutare l’umore dei mercati, soprattutto se lette insieme alla nota di Morgan Stanley, la quale avvisa i suoi clienti come le azioni americane sono a rischio di una possibile correzione per aver scontato prematuramente una pausa nei rialzi della Fed: “mentre il recente rialzo dei tassi è di supporto all’idea che la Fed possa rimanere restrittiva più a lungo di quanto apprezzato, il mercato azionario si rifiuta di accettare questa realtà”. Divergenza tra mercato azionario e mercato obbligazionario che rappresenta un nuovo dogma dei mercati. Se da una parte l’inversione della curva dei tassi rimarca il rischio di una recessione, il mercato azionario e gli economisti vedono il futuro più rosa, rivedendo al rialzo le stime di recessione.

Ad offrire invece il coraggio necessario ai mercati per invertire le vendite della scorsa settimana soprattutto le pubblicazioni mensili della Fed di New York sui consumatori, i quali hanno mostrato che le aspettative di inflazione a un anno sono rimaste invariate al 5% a gennaio; le aspettative di crescita dei salari sono diminuite dopo che la crescita mediana prevista per il reddito delle famiglie è scesa di -1,3 punti al 3,3%, il più grande calo mensile nei dati che risalgono a quasi dieci anni fa.

Inoltre, l’Europa ha offerto quel supporto iniziale dopo che la Commissione Europea ha alzato le previsioni sul PIL dell’Eurozona per il 2023 e abbassato quelle sull’inflazione. Crescita che per il 2022 viene ad essere stimata al 3,5%, in rialzo di 0,2% rispetto alle stime autunnali. L’Irlanda riporta la maggiore revisione al rialzo dei dati autunnali: +8,4% nel 2022, +4,6% nel 2023 e +3% nel 2024. Continuerà ad essere il primo Paese per crescita nel 2023 e nel 2024. La Commissione sembra quindi credere nei risultati non così negativi di FAANG. Italia che registra una maggiore revisione al rialzo nel 2022 rispetto a Francia e Germania, con una crescita al 3,9% (+2% in rialzo).

Nel 2023 la crescita italiana si dovrebbe assestare allo 0,8%, in rialzo dell’1,1% rispetto alle precedenti stime (ovvero come quarto paese, alle spalle di Irlanda, Malta e Francia a beneficiare della maggiore revisione al rialzo).

Mentre per il 2024 l’Italia registra la peggiore revisione al ribasso (-1,6%) con una crescita attesa del 1%.

Restano le preoccupazioni italiane sull’evoluzione dei consumi, penalizzati dalla perdita del potere di acquisto e dalla scadenza delle agevolazioni fiscali. PNRR e investimenti pubblici i driver della ripresa. A impensierire tuttavia l’inflazione core, destinata a salire nel 2023 per poi tornare indietro gradualmente verso il 2024.

Con un dollaro in discesa così come dei rendimenti dei Treasury il Nasdaq trova quella forza necessaria a sovraperformare sui principali listini, guidato da settori come i beni discrezionali e tecnologia.

Tutti gli occhi saranno oggi puntati sul rapporto sull’inflazione, principale catalizzatore delle performance dei mercati nelle ultime settimane.  Le attese sono per un calo dell’indice dei prezzi al consumo dal 6,5% al 6,2% annuo, mentre l’inflazione di fondo dovrebbe passare dal 5,7% al 5,5%. L’inflazione negli Stati Uniti risulta essere in calo già da sei mesi consecutivi, dopo aver raggiunto un picco nel giugno 2022. Le ultime tre letture sono state in linea o perfino al di sotto delle previsioni del mercato quindi, una sorpresa negativa sull’inflazione questa settimana potrebbe essere accolta con una volatilità di mercato fuori misura. JPMorgan stime come una lettura in linea con le attese dovrebbe far generare un rialzo dall’1,5% al 2% sullo S&P 500, mentre una lettura migliore, inferiore al 6%, una crescita dal 2,5% al 3%. Eventuali pubblicazioni al rialzo dell’inflazione invece potrebbero spingere l’indice americano al ribasso dal 0,75% fino al 3%.

Restano tuttavia alcune preoccupazioni per le future pubblicazioni, sebbene ancora acerbe. In particolare, i prezzi delle auto usate presentano segnali di ripresa.

I prezzi del petrolio, i quali registrano una correlazione a 30 giorni del +0.82, hanno recentemente virato verso l’alto.

Nonché il mercato immobiliare inizia a registrare quella ripresa nella domanda di mutui, grazie ai recenti cali sui tassi a 30 anni.

Cambiando fronte, l’amministrazione Biden prevede di vendere altri 26 milioni di barili di greggio dall’SPR, dopo aver interrotto le vendite 5 settimane fa.

Nella giornata i principali appuntamenti vedono la disoccupazione nel Regno Unito, l’indice dei prezzi al consumo in America, i dati europei su occupazione e crescita, la pubblicazione del report mensile dell’OPEC, i discorsi di Williams, Barkin, Harker e Logan della Fed.

 

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