Giorno di NonFarm Payrolls

Primo venerdì del mese all’insegna dei NonFarm Payrolls americani. Dato che, tradizionalmente, coincide con un’alta volatilità sul dollaro americano e che, ora come ora, risulta essere attentamente monitorato per vagliare possibili cambi di direzione da parte della Federal Reserve nella sua politica monetaria.

Le attuali previsioni vedono il dato assestarsi a +200 mila, in calo dai passati 261 mila, con un tasso di disoccupazione stabile a 3,7% e soprattutto con un calo del guadagno orario medio al 4,6%.

Dallo scorso dicembre, nelle passate 12 pubblicazioni avvenute, 7 sono state le chiusure negative da parte dello S&P 500, nella seduta giornaliera di pubblicazione, a fronte di cinque rialzi. Sedute negative che hanno registrato una media di contrazione dello 0,89% a fronte di una variazione media positiva di solamente lo 0,32%.

Mercato del lavoro americano che registra un surplus di posizioni lavorative aperte sul livello di disoccupati di circa 4,275 milioni, evidenziando quella resilienza nonostante i rischi di recessione.

Se in passato un dato negativo nella pubblicazione dei NonFarm Payrolls generava correzioni sui mercati finanziari, evidenziando rallentamenti economici, in questo periodo di alta inflazione risulta essere l’esatto opposto, dati negativi corrispondono (generalmente) a rialzi sui mercati, poiché riducono lo spazio di manovra aggressiva da parte della banca centrale americana.

La domanda, tuttavia, è se tale reazione potrebbe riprodursi anche nella seduta odierna, vista la risposta di ieri alle letture dei PMI. Mercati infatti che, provenienti dalla sbornia di mercoledì, grazie alle parole di Jerome Powell, hanno ieri rallentato (con lo S&P 500 perfino in territorio negativo) sulla scia di PMI manifatturieri di novembre che, per la prima volta da maggio 2020, scendono in territorio di contrazione a 49,8 punti. Riportando alla luce quelle preoccupazioni di recessione, meno vagliate da parte dei listini azionari. Tutto questo nonostante una lettura sull’inflazione positiva, con lo stesso PMI che evidenzia allentamenti sulle pressioni nei prezzi e, soprattutto, grazie all’indicatore PCE – l’indicatore di inflazione preferito dalla Federal Reserve – sceso al 5% dal 5,2% del mese precedente, in linea con le previsioni di mercato.

In tale contesto i mercati si muovono con un livello di paura (VIX) sceso sotto i 20 punti, (in calo del 43% dai massimi del 12 ottobre), con i rendimenti dei Treasury a 10 anni scesi al 3,5% (poco meno di una correzione del 20% dai massimi del 21 ottobre) e con il dollaro statunitense in calo di quasi il 9% dai massimi del 28 settembre. Situazione idilliaca alla quale si aggiunge la recente sovraperformance del Growth sul Value. Il risultato è che l’attuale rally vede lo S&P 500 aver registrato un +16% dai minimi del 13 ottobre (scambiando perfino la propria media a 200 giorni). Rally importante, da seguire, ma che, alla luce degli attuali numeri, invita comunque alla prudenza.

 

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