Bentornati sui mercati dopo il ponte pasquale. In un contesto dove gli investitori europei hanno prolungato le vacanze, lasciando ieri i listini del Vecchio Continente in pausa, a differenza di quelli americani, ci immergiamo ora nell’analisi di ciò che è accaduto sui mercati durante la nostra assenza.
Durante la conferenza sulla politica macroeconomica e monetaria della Fed di San Francisco, il presidente della Fed Jerome Powell ha ribadito le posizioni espresse durante il meeting del FOMC di marzo. Powell ha enfatizzato la necessità di ulteriori prove che l’inflazione si sta orientando verso il 2% in modo sostenibile prima di procedere al taglio dei tassi. Ha, tuttavia, riconosciuto i rischi di un taglio prematuro dei tassi, che potrebbe innescare un’altra ondata inflazionistica, e di mantenere i tassi troppo alti per troppo tempo, rischiando di indebolire l’economia.
Analizziamo più da vicino: il rapporto sull’inflazione delle spese per consumi personali (PCE) di venerdì era atteso e ha mostrato un PCE al 2,5% su base annua, un lieve incremento rispetto al 2,4% di gennaio. Il PCE core, misura prediletta dalla Fed, è cresciuto del 2,8% su base annua, un dato allineato alle previsioni ma inferiore alla revisione di gennaio del 2,9%. Mensilmente, il PCE core è salito dello 0,3% a febbraio, calando rispetto allo 0,5% di gennaio.
L’apertura della settimana economica è stata segnata dall’indice PMI manifatturiero di S&P Global per marzo, che ha registrato un lieve calo a 51,9 da 52,2 di febbraio, mantenendosi comunque sopra la soglia di espansione di 50 per il terzo mese consecutivo. Parallelamente, l’ISM ha riportato che il suo indice PMI manifatturiero è rientrato in fase di espansione a marzo, attestandosi al 50,3% rispetto al 47,8% di febbraio, la prima volta sopra 50 dal settembre 2022. Questo segnala una crescita del settore, nonostante l’indice dei prezzi manifatturieri ISM abbia toccato un picco di 18 mesi al 55,8%.
Su tali notizie, il mondo obbligazionario ha continuato a esercitare pressioni significative, con una stabilità ancora elusiva mentre i prezzi registrano flessioni. Ciò è stato evidenziato ieri nei mercati obbligazionari, con il rendimento dei titoli del Tesoro a 2 anni, sensibile al tasso di politica monetaria, salito di 0,08 punti percentuali al 4,7%, e il rendimento dei titoli del Tesoro a 10 anni in aumento di 0,11 punti percentuali al 4,3%. Le ultime indicazioni dal settore manifatturiero hanno alimentato la narrativa che le “buone notizie sono in realtà cattive notizie” (good news is bad news), sollevando dubbi sui piani di riduzione dei tassi da parte della Federal Reserve.
I recenti dati economici, più robusti del previsto, accompagnati dai recenti commenti del FOMC hanno allontanato le aspettative di un imminente taglio dei tassi da parte della Fed. I FedWatch del CME Group ora indica una probabilità del 56,3% che il primo taglio dei tassi avvenga a giugno, in calo rispetto al 63,8% di una settimana fa. Dalle dichiarazioni dei funzionari della Fed, emerge una tendenza alla prudenza nel ridurre il tasso sui federal funds, senza fretta di agire a meno che non sia strettamente necessario.
La stessa Fed di Atlanta nella sua GDPNow riporta una crescita trimestrale del PIL reale statunitense nel 1° trimestre 2024 del 2,8%. Si tratta di un dato in crescita rispetto alla previsione del 2,3% della scorsa settimana e ben al di sopra del consenso degli economisti che prevedevano una crescita del PIL del 2,0% nel 1° trimestre 2024. L’aumento della proiezione è avvenuto dopo i dati ISM Manufacturing PMI di oggi, migliori del previsto. Se la stima si rivelerà esatta, si tratterà di un altro trimestre solido per l’economia statunitense, dopo la crescita del 3,4% registrata nel 4° trimestre 2023. Sarà anche il 7° trimestre consecutivo con un PIL statunitense positivo.
Nell’attuale panorama dei mercati, dopo un vigoroso inizio d’anno che ha visto l’S&P 500 salire del 10% nei primi tre mesi del 2024, si è assistito a una moderata correzione nella sessione più recente. Tale scenario ha evidenziato una distinzione nei settori di energia, tecnologia e servizi di comunicazione, unici a registrare un andamento positivo, contrapposti a una precedente fase caratterizzata da rendimenti estremamente concentrati in pochi settori chiave. Rispetto all’anno scorso, quando i rendimenti erano dominati da tecnologia, servizi di comunicazione e beni di consumo discrezionale, tutti in rialzo di oltre il 40%, l’attuale distribuzione dei guadagni mostra un panorama decisamente più variegato. Quest’anno, infatti, si evidenzia una leadership settoriale più estesa, con finanziari, energia, industriali, materiali e sanità che segnano incrementi significativi, superiori al 7%. Questa evoluzione segnala una possibile maturazione del mercato, che si allontana da una concentrazione eccessiva verso una diversificazione più ampia. Tale diversificazione non solo mitiga il rischio attraverso la dispersione degli investimenti ma apre anche le porte a nuove opportunità di crescita in settori prima marginali. Guardando avanti, la seconda metà dell’anno potrebbe portare una ventata di ottimismo, soprattutto se l’inflazione dovesse attenuarsi e la Federal Reserve decidesse di intraprendere un ciclo di taglio dei tassi. Queste condizioni potrebbero catalizzare una accelerazione della crescita economica, favorendo ulteriormente un ampliamento della leadership di mercato. Si resta pertanto ottimistici, consapevoli che possibili correzioni possano presentarsi, in un rally che da inizio anno è risultato assente di correzioni superiori ai due punti percentuali.