I mercati azionari americani non fanno una pausa e registrano otto sedute consecutive di rialzi per lo S&P 500 e nove per il Nasdaq 100. Questi risultati rappresentano la serie più lunga registrata negli ultimi due anni per entrambi gli indici. I settori ciclici stanno guidando la crescita dei mercati, registrando nuovamente guadagni ieri, mentre il comparto difensivo ha subito la seconda seduta in calo. Allo stesso tempo, i settori growth hanno raggiunto nuovi massimi di sovraperformance rispetto ai titoli value. Tutto questo mentre prosegue il calo del VIX, ieri ottava seduta in flessione, cedendo circa il 32% in tale periodo e stanziandosi attualmente intorno ai 14 punti.
Prosegue, tuttavia, il dibattito sulla sostenibilità del rally, con gli investitori che sembrano maggiormente focalizzare la propria attenzione sugli eventi in programma per la prossima settimana. I sostenitori del trend rialzista vedono con favore, e seguono con maggiore attenzione, i dati relativi al picco sui tassi della Fed, ai dati macro Goldilocks, ai segnali contrarian provenienti dagli indicatori di posizionamento e sentiment, alla stagionalità favorevole, agli acquisti di azioni proprie (buyback) da parte delle aziende e sulla stabilità delle proiezioni degli utili per il 2024. Al contrario, coloro che mostrano ancora preoccupazioni sui listini azionari trovano nella prematura storia dovish sulle politiche monetarie, sui timori di una possibile recessione derivanti dall’inversione della curva dei rendimenti, sui dati economici più deboli e sugli effetti ritardati dell’inasprimento delle condizioni finanziarie e dell’aumento dei tassi di interesse da parte della Fed le principali preoccupazioni. In un contesto in cui Wall Street mostra prevalentemente un atteggiamento bearish, l’effetto della liquidità mantenuta al di fuori dei mercati potrebbe comunque rivelarsi un catalizzatore significativo, aprendo la strada a una crescita determinata non tanto da buone notizie, quanto da notizie meno negative. I mercati si oppongono nuovamente alla Fed, con il rendimento del titolo decennale che si avvicina al 4,5% e le previsioni di tagli dei tassi che vengono anticipate. Questo prepara il terreno per qualche reazione al discorso odierno di Powell (sebbene ieri abbia evitato commenti attinenti) e forse per un rischio legato al rapporto sull’inflazione della prossima settimana. Tuttavia, l’immagine più ampia di preoccupazioni per la crescita economica, per i timori legati al petrolio e agli investitori eccessivamente pessimisti è a medio termine favorevole per i mercati.
Intanto la seduta odierna si apre con le incertezze asiatiche. L’economia cinese resta sull’orlo della deflazione dopo che l’inflazione al consumo è scesa al -0,2% a/a in ottobre ed è quindi tornata in territorio negativo. Tutto questo mentre i prezzi alla produzione sono diminuiti per il 13° mese consecutivo. Gli ultimi dati si sono aggiunti ai segnali di un indebolimento della domanda e di una fragile ripresa economica, accrescendo le possibilità per un ulteriore allentamento monetario.
Anche in Giappone non si ferma il deprezzamento dello Yen. Il presidente della Banca del Giappone Ueda ha ribadito che la banca centrale manterrà una politica accomodante finché non sarà in vista l’obiettivo di inflazione, aggiungendo che l’ordine del processo di normalizzazione per il controllo della curva dei rendimenti e le politiche dei tassi di interesse negativi non è stato ancora deciso. Lo yen giapponese si è deprezzato a 151 per dollaro, raggiungendo i livelli più bassi dal 1990, influenzato dal divario dei tassi d’interesse tra Stati Uniti e Giappone che da anni esercita pressioni sulle valute. La BOJ ha mantenuto il suo tasso di riferimento a -0,1% e ha confermato l’obiettivo di rendimento dei JGB a 10 anni intorno allo 0%, apportando contemporaneamente piccoli aggiustamenti alla sua politica di controllo della curva dei rendimenti. I mercati si aspettano cambiamenti futuri e il protrarsi di questa situazione sta aumentando le pressioni.
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