Crescono le paure in attesa della prossima decisione FED

Se lunedì ad innescare le vendite era stata una lettura macroeconomica statunitense migliore del previsto, evidenziando una maggiore tenuta dell’economia a stelle e strisce, ieri le vendite sono state innescate dai mercati stessi. A colmare il silenzio del periodo di blackout dei membri del FOMC ci hanno pensato i Ceo delle principali banche d’investimento americane, da Goldman Sachs a JP Morgan. David Solomon di Goldman Sachs ha tuonato, in un’intervista a Bloomberg, come l’economia dovrà affrontare tempi difficili, rivedendo al ribasso i bonus e persino valutando potenziali tagli dei posti di lavoro. Più cupo Jamie Dimon di JP Morgan, il quale in un’intervista alla CNBC ha riportato rischi per una recessione da lieve a grave per il prossimo anno, a causa di un’inflazione ostinatamente elevata che potrebbe causare un prosciugamento della spesa dei consumatori. Jamie Dimon non nuovo quest’anno a tali nere previsioni, essendo stato tra i primi a vagliare (correttamente) ad inizio anno un maggior numero di rialzi della Fed, così come allarmi erano già stati suonati sullo stato dell’economia USA a maggio così come a giugno, riportando come gli Stati Uniti erano diretti verso un “uragano economico” a causa della stretta quantitativa della Fed e della prima guerra europea da decenni. Anche Morgan Stanley ha affermato che le aziende stanno affrontando un “brusco risveglio” sugli utili. Di opposta visione il Ceo di Bank of America il quale prevede una recessione “superficiale” con i consumatori statunitensi “resilienti”.

Gli amministratori delegati delle più grandi aziende americane evidenziano sempre di più il disagio per lo stato dell’economia statunitense, la quale si trova ad affrontare la duplice minaccia dell’alta inflazione e dell’aumento dei tassi di interesse. La Business Roundtable ha dichiarato questa settimana che l’indice delle prospettive economiche dei CEO è sceso di 11 punti nel quarto trimestre, raggiungendo il livello più basso degli ultimi due anni. Tuttavia, con 73 punti, l’indice rimane al di sopra della soglia di 50 punti di espansione o contrazione.

Rischi di rallentamenti economici che hanno allargato il già negativo spread obbligazionario sui i rendimenti dei Treasury a 10 anni e 2 anni / 3 mesi, evidenziando quella divergenza di vedute tra il rally azionario registrato e le preoccupazioni del mondo obbligazionario. L’attuale inversione della curva a 10 e 2 anni scambia ora a 83 pb in negativo, superata solo dall’inversione del 1978 – 1982, quando il presidente della Fed Volcker aumentò aggressivamente i tassi per contrastare l’inflazione a due cifre.

Di simile lettura lo spread a 10 anni e 3 mesi, il quale scambia a 86 pb in negativo, su minimi storici (lo storico inizia dal 1982).

Titoli azionari che, sulla scia dei timori riportati, hanno evidenziato un ritorno all’avversione al rischio, con i titoli ciclici e quelli orientati alla crescita (comunicazioni, tecnologia e dei beni di consumo discrezionali) maggiormente sotto pressione. Male anche il settore energetico, sulla scia dei cali del prezzo del petrolio, con il WTI scambiato sotto i $75 al barile, nuovi minimi da inizio anno. La Russia ha ieri dichiarato che starebbe valutando, quale risposta al price cap del G7, un floor cap (prezzo minimo) o uno sconto massimo rispetto al benchmark a cui può essere venduto il suo petrolio. Evoluzione ultima del greggio che, nonostante le aperture cinesi in tema covid, mostra maggiormente preoccupazioni in tema di crescita economica che di sanzioni. La tenuta dell’area dei $73, la passata resistenza dei massimi di dicembre 2021, così come in estensione l’area dei $64 (media mobile a 200 settimane) rappresentano i principali livelli di supporto monitorati.

Sul fronte societario, si riporta il crollo di ieri da parte di Meta Platforms, oltre il -6%, dopo un report secondo cui l’Unione Europea starebbe prendendo di mira il modello pubblicitario di Facebook. Male anche il settore dei media, dopo che l’amministratore delegato di Paramount ha dichiarato di aspettarsi che la pubblicità nel quarto trimestre sarà “un po’ inferiore” ai risultati del terzo trimestre. Infine, correzioni anche per il settore dei semiconduttori dopo che i dati di vendita di ottobre della Semiconductor Industry Association hanno mostrato la continua debolezza dei prodotti di memoria.

Con il Nasdaq 100 che ha trovato la sua resistenza sul livello 50 di Fibonacci, sullo swing dal massimo del 16 agosto al minimo del 13 ottobre, e in prossimità della sua media mobile giornaliera a 100 giorni

l’estensione ci porta ora a monitorare i livelli degli 11400/11300 punti ed in estensione dei 10900.

La giornata parte con la banca centrale indiana che ha aumentato il tasso d’interesse di 35 pb al 6,25%, il quinto rialzo di fila, in un contesto di rallentamento dell’inflazione dovuto alla moderazione dei prezzi dei generi alimentari. Cala soprattutto l’avanzo commerciale cinese, molto al di sotto delle attese, con le esportazioni in flessione dell’8,7% a/a a causa dell’indebolimento della domanda estera dovuta all’alta inflazione e alle interruzioni delle forniture; mentre le importazioni sono scese più rapidamente del 10,6%, a causa dell’indebolimento della domanda interna in seguito alle diffuse restrizioni della COVID.

In Germania la produzione industriale tedesca registra una flessione mensile 0,1%, dato tuttavia migliore rispetto alle attese. Sono in attesa i dati finali sul PIL del terzo trimestre dell’area dell’euro, che dovrebbero confermare la tenuta dell’economia per il terzo trimestre. In Italia si alzano i veli sulle vendite al dettaglio; dopo i cali registrati lunedì in UE e Francia, sarà interessante osservare la risposta italiana.

Sul fronte delle banche centrali, sono previsti gli interventi di Lane e Panetta della BCE, prima dei sette giorni di silenzio che precedono la riunione del 15 dicembre.

 

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