Big Tech assenti all’appello

Se il buongiorno si vede dal mattino la giornata odierna non è certamente delle migliori. Con una seduta di giovedì sulla scia dell’euforia dei mercati, nonostante le incertezze europee e le pubblicazioni macroeconomiche miste americane, i mercati scivolano nel post market, con i futures americani in deciso territorio negativo, a causa delle letture delle trimestrali delle sue Big Tech. Apple, Alphabet e Amazon non riescono a seguire l’esempio di Meta, riportando valori inferiori alle attese. In particolare, Apple manca per la prima volta in sette anni le aspettative, Amazon cresce al ritmo più lento dallo sbarco a Wall Street e Alphabet vede rallentare la crescita degli annunci pubblicitari. Certamente non un buon biglietto da visita per tre società che complessivamente capitalizzano $4.939 trilioni (ovvero circa 2 volte la lettura del Pil italiano).

Nel dettaglio Apple registra un calo sul fatturato del 5% a/a, sostenuto dalla diminuzione delle vendite nei suoi prodotti. Le vendite di iPhone (il cui peso complessivo sul fatturato è pari al 56%) registrano un calo del -8%, i MacBook del 29% (evidenziando quelle pressioni che l’intero settore dei PC ha recentemente evidenziato), mentre crescono del 30% le vendite di iPad (grazie al lancio ad ottobre dei nuovi modelli) e soprattutto dei servizi +6% (dove Apple registra il maggior margine 71%). Proprio i margini societari registrano tuttavia un importante indebolimento.  Amazon, nonostante abbia rilevato una crescita del fatturato del 9% a/a, vede il suo margine operativo in calo di 2 punti percentuali e una guidance che non convince i mercati. Infine, Alphabet che disattende le aspettative per il quarto trimestre, sia per quanto riguarda la linea superiore che quella inferiore, riportando una crescita del fatturato del 1% a/a, con le vendite di pubblicità su YouTube in calo del 8% e quella sul suo motore di ricerca del 2%. Crescono invece i settori dei servizi in Google Play +8% e soprattutto del Cloud +32%.   Margini operativi, tuttavia, in flessione di 5 punti percentuali e un utile inferiore alle attese.

Tornando a parlare della seduta di ieri, di decisivo rilievo l’intervento Bce. Listini europei che chiudono la seduta in rialzo nonostante un rialzo di 50 punti base sui tassi (come da attese) e una Christina Lagarde in tono falco, almeno nella partenza. Proprio la conferenza stampa inizia subito con idee chiare sul futuro, nuovo rialzo da 50 punti base anche nella riunione di marzo. In tale scenario i mercati riescono a trovare il bicchiere mezzo pieno per far proseguire il rally sui commenti in merito alle prospettive di crescita dell’Eurozona e sui rischi di inflazione che, stando alle parole del numero uno dell’EuroTower, sono diventati più equilibrati (“The risks to the outlook for economic growth have become more balanced. … The risks to the inflation outlook have also become more balanced, especially in the near term”). Parole che lasciano ben sperare sul futuro percorso di rialzi, non così falco quanto inizialmente paventato. Risultato correzioni sul settore bancario, il quale sconta i minori rialzi, ma soprattutto correzioni sui rendimenti dei titoli di Stato, con ad esempio quelli italiani che dal 4,29% di apertura chiudono la giornata al 3,89% (con uno spread anch’esso in calo poco meno di 20 punti base).

Anche in America, con lo sfondo sulle trimestrali, gli indici trovano buone notizie a cui brindare. Si attenuano ulteriormente le preoccupazioni sull’inflazione con la produttività non agricola cresciuta più del previsto e il costo del lavoro unitario aumentato meno delle attese. Tutto questo mentre restano alte le pressioni sul mondo del lavoro, con l’inatteso calo delle richieste settimanali di disoccupazione scese ai minimi di 9 mesi. L’attenzione si sposta ora sul rapporto sul mercato del lavoro, che dovrebbe mostrare negli Stati Uniti un rallentamento, dato che la previsione di consenso per le buste paga non agricole (NFP) di gennaio è di 185.000 unità, in calo rispetto alle 223.000 di dicembre. Il tasso di disoccupazione dovrebbe salire al 3,6% dal 3,5%.

In aggiunta, si segnalano i rilasci dell’ISM Services PMI, il sondaggio tra i previsori professionisti della BCE, i discorsi di Daly della Fed, Pill della BoE e Elderson della BCE e, infine, le pubblicazioni dei conti delle trimestrali per Caixabank, Intesa Sanpaolo, Sanofi, CIGNA, LyondellBasell e Regeneron, per citarne alcuni.

 

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