Bicchiere mezzo pieno

Bicchiere mezzo pieno, questo il titolo del blog giornaliero. Ovviamente il tema è relativo alla lettura americana in materia di inflazione e della relativa ripercussione sulle future scelte della Federal Reserve. Partendo dal presupposto come l’IPC non rappresenti il principale indicatore della Fed, la quale pone maggiore attenzione sulle letture PCE, la pubblicazione di ieri ha evidenziato prezzi al consumo in rallentamento, ma non come da aspettative. Segnale che porta all’attenzione come il percorso disinflazionistico potrebbe non essere rettilineo, con possibili tornanti alle quali prestare attenzione. A gennaio l’inflazione è cresciuta su base annua al 6,4% a/a, rispetto al 6,5% di dicembre, mentre quella core è passata dal 5,7% di dicembre al 6,4% di gennaio. Dati che sottolineano quel percorso al ribasso, con la lettura su base annuale in flessione per il settimo mese consecutivo, ma ad un ritmo decisamente al di sotto delle attese: l’indice dei prezzi al consumo era infatti atteso al 6,2 %, così come quella core al 5,5%. A tale pubblicazione si riporta inoltre la crescita dell’inflazione su base mensile, cresciuta dello 0,5%, interrompendo la serie di due mensilità in flessione.

Divario tra inflazione e inflazione core che resta invariato dopo 6 mesi consecutivi di contrazione indicando un’inflazione più diffusa. Cibo, alloggi ed energia sono stati i principali fattori trainanti il rialzo inflazionistico, con l’aumento dei costi degli alloggi che ha rappresentato circa la metà dell’incremento mensile. Sebbene il rapporto presenti alcune note positive, è probabile che fornisca alla Fed un’ulteriore conferma della necessità di mantenere i tassi elevati almeno fino alla fine del 2023. I commenti successivi della Federal Reserve hanno infatti voluto seguire tale percorso.  Il presidente della Fed di Richmond Barkin ha affermato che “l’inflazione si sta normalizzando, ma sta scendendo lentamente” e se persisterà a livelli ben superiori al nostro obiettivo, dovremo alzare i tassi di interesse a un livello più alto di quanto previsto in precedenza.  Il presidente della Fed di Dallas Logan ha dichiarato che “dobbiamo essere pronti a continuare ad aumentare i tassi per un periodo più lungo di quanto previsto in precedenza, se tale percorso è necessario per rispondere ai cambiamenti delle prospettive economiche o per compensare eventuali allentamenti indesiderati delle condizioni”.

Giudizi che hanno generato pressioni sul mercato obbligazionario con i rendimenti dei Treasury a due anni cresciuti di circa 2 punti percentuali rispetto alla chiusura di lunedì, evidenziando quei maggiori timori per una revisione al rialzo sulle aspettative della Federal Reserve. Mercati azionari che, nonostante l’avviso del mercato obbligazionario hanno preferito restare “ottimisti”, sostenuti dalla concezione di un’inflazione in calo e dai commenti del presidente della Fed di Filadelfia Harker, il quale ha dichiarato come i responsabili delle politiche sono “vicini” al punto in cui i tassi di interesse sono sufficientemente restrittivi. Investitori che continuano infatti a mantenere un umore maggiormente positivo sui mercati azionari. Sul fronte degli utili le risposte a pubblicazioni inferiori alle attese è stata tutto sommata positiva, con una contrazione dello 0,4% rispetto ad una media quinquennale del 1,5%. Segno che gli investitori erano in anticipo rispetto al consenso degli analisti e già preparati alle cattive notizie.

Indici americani che ieri hanno subito poche variazioni, dopo essersi mossi come uno yoyo durante la giornata, con i titoli growth perfino in spolvero nonostante i rialzi dei rendimenti dei Treasury. Divario che invita a una maggiore cautela.

Parlando invece di Value, Il conglomerato finanziario Berkshire Hathaway, guidato dal celebre Warren Buffett, ha venduto più azioni di quante ne abbia acquistate nell’ultimo trimestre del 2022, come confermato da un rapporto presentato all’autorità di regolamentazione degli Stati Uniti. Durante il periodo, la società ha aumentato le proprie posizioni in aziende come Apple, Louisiana-Pacific Corp. e Paramount Global, ma ha ridotto le posizioni in otto società, tra cui U.S. Bancorp e Taiwan Semiconductor Manufacturing. Nel quarto trimestre dell’anno, Berkshire non ha aperto nuove posizioni in aziende, come invece era avvenuto nel terzo trimestre, con la società che nei primi nove mesi dell’anno ha speso $66 miliardi per l’acquisto di azioni, più di 13 volte la cifra spesa nello stesso periodo del 2021. I cambiamenti del portafoglio potrebbero fornire alcune indicazioni sulle attuali prospettive dell’economia e dei mercati finanziari, vista l’influenza dell’oracolo di Omaha. Ad esempio, il fatto che Berkshire abbia ridotto la sua posizione in Taiwan Semiconductor Manufacturing (dopo il suo ingresso solamente durante il terzo trimestre) può porre l’attenzione ad una visione più cauta sul settore dei semiconduttori o su alcuni mercati asiatici. D’altra parte, l’aumento delle posizioni in Apple potrebbe suggerire una maggiore fiducia nella tecnologia o nell’andamento del mercato azionario oppure un’opportunità sul titolo dopo il suo calo (tenendo in considerazione il suo peso complessivo del portafoglio).  In ogni caso, è importante ricordare come Warren Buffett abbia generalmente una strategia a lungo termine e che spesso investono in aziende di alta qualità e con una forte posizione di mercato. Pertanto, i recenti movimenti potrebbero non essere indicativi di una visione a breve termine dei mercati finanziari.

In calo le quotazioni del greggio, attualmente scambiato sui $77,8, dopo che le scorte di greggio degli Stati Uniti sono aumentate di 10,5 milioni di barili la scorsa settimana, molto più delle previsioni del mercato. Martedì i prezzi del petrolio sono stati messi sotto pressione anche dopo che il governo statunitense ha annunciato l’intenzione di liberare altri 26 milioni di barili di petrolio dalle riserve strategiche. Le preoccupazioni per l’offerta si sono attenuate anche dopo che l’EIA ha dichiarato di aspettarsi una produzione record a marzo dai sette maggiori bacini di scisto statunitensi. Per mantenere i prezzi al minimo, l’OPEC ha rivisto le previsioni sulla domanda di petrolio per il 2023 di 100.000 barili al giorno, citando una maggiore domanda da parte della Cina. Inoltre, il cartello ha ridotto le sue previsioni di offerta, affermando che intende attenersi alle quote di produzione fissate alla fine dello scorso anno per il resto del 2023.

Negli Stati Uniti, i dati odierni sulle vendite al dettaglio sono l’evento principale della giornata e sarà interessante vedere se la spesa dei consumatori abbia continuato a raffreddarsi all’inizio del 2023, nonostante il forte mercato del lavoro. In Europa il presidente della BCE è attesa tenere la parola.

 

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