Bad news is….

Che il motto che ha accompagnato i mercati nell’ultimo anno, ovvero “bad news is good news” sia cambiato? Questa domanda inizia a serpeggiare tra le menti degli investitori. Dati alla mano nelle ultime settimane spesso dati deludenti dell’economia americana, si vedano le vendite al dettaglio della scorsa settimana, hanno generato pressioni ribassiste sui mercati azionari mentre dati macroeconomici positivi, pensiamo al Pil americano di ieri, hanno indotto buon umore – portando persino  in secondo piano un mercato del lavoro che continua a mostrare i propri muscoli, con le nuovi richieste di sussidi di disoccupazione scese inaspettatamente di 6.000 unità, su minimi degli ultimi 9 mesi a 186.000.

A differenza del settore obbligazionario, nella quale le pubblicazioni macroeconomiche di ieri hanno generato pressioni al rialzo sui rendimenti, con il Treasury a 10 anni cresciuti di 0.055%, Wall Street ha preferito ignorare i venti contrari, che spesso hanno funzionato da freno soprattutto sui settori tecnologici e growth, trovando nelle trimestrali e nella minore paura di una recessione la forza per far proseguire il rally. Rally che inizia persino a mostrare un cambio di passo, con i mercati europei che dopo aver primeggiato nella prima parte del mese mostrano una mancanza di fiato (non sono d’aiuto i commenti falco della Bce), lasciando il podio a quelli statunitensi – ovviamente alle spalle di Hong Kong, che ha trovato nel cambio di passo, politico ed economico, la sua forza motrice.

 

Giovedì le azioni hanno registrato un moderato rialzo, con lo S&P 500 e il Nasdaq 100 che hanno segnato i massimi di 6 settimane.  Un’impennata di oltre il 10% di Tesla ha supportato i titoli tecnologici a grande capitalizzazione, dopo che l’azienda ha riportato un fatturato per il quarto trimestre superiore alle attese.  Trimestrali che hanno ieri assistito ai rialzi da parte di Seagate Technology Holdings, Steel Dynamics, United Rental, Nucor, Packaging Corp e agli scivoloni di IBM, Sherwin-Williams, McCormick, Northrop Grumman, e Southwest Airlines per citarne alcuni.

Bene la partenza della stagione delle trimestrali per il FTSE MIB, con STMicroelectronics (+12,10% nella seduta di ieri) che chiude l’anno in crescita del 26,4% a 16.128 milioni di dollari, nonostante una leggera flessione dei margini lordi nel quarto trimestre. A guidare i rialzi nell’anno soprattutto il settore Microcontrollers and Digital ICs Group (MDG), cresciuto del 38,3% (+30% nel Q4) e in grado di generare margini operativi del 34,6% (rispetto al 24,3% del 2021). Unica attenzione agli aumenti delle scorte, cresciute di 202 milioni.  Numeri importanti che rendono omaggio ad un titolo che si pone come obiettivi per il prossimo trimestre una crescita a 4,20 mld di dollari (ovvero in calo dalle Q42022) ma con margini lordi in crescita al 48%. Anche nel lusso, dopo Tod’s, ieri, a chiusura dei mercati, sono stati presentati i dati di Salvatore Ferragamo e LVMH. Lusso che mostra i propri muscoli, nonostante la mancanza della domanda cinese, grazie alle maggiori vendite Americane e in Europa. Ferragamo ha riportato una crescita annua del 10,2%, Tod’s del 13,9% mentre LVMH persino del 23.3%. Proprio tra LVMH e Tod’s viene meno il patto avente a oggetto azioni ordinarie di Tod’s, a seguito del fallito delisting. Lusso che, grazie alla ripartenza cinese, potrebbe beneficiare del ritorno di uno dei maggiori mercati, sebbene con un effetto cambio che quest’anno rischia di giocare contro.

In attesa della partenza nella prossima settimana delle trimestrali delle big bancarie italiane, Intesa San Paolo e Unicredit, entrambe mostrano una decisa forza tecnica, con Unicredit in grado di registrare dal minimo di marzo 2022 una salita di quasi 102% a differenza di Intesa dal minimo di luglio, quindi successivo a quello di Unicredit, una crescita del 48%.

 

 

La giornata si apre intanto con nuove pressioni dal Giappone, con l’inflazione al consumo di Tokyo (indicatore di quella nazionale) che a gennaio è aumentata più del previsto. L’inflazione complessiva è stata del 4,4% e quella di fondo del 3%. Il rendimento dei titoli di Stato giapponesi a 10 anni è salito nuovamente vicino al limite di controllo della curva dei rendimenti dello 0,50%. Tutto questo mentre nella giornata di ieri il Fondo Monetario Internazionale ha invitato la Banca del Giappone a consentire un ulteriore aumento del rendimento a 10 anni, a causa dei crescenti rischi di inflazione.

Nella giornata i principali appuntamenti macroeconomici saranno rappresentati dall’offerta di moneta M3 europea, dall’indice dei prezzi PCE così come dei dati sul reddito e consumi personali negli Stati Uniti, mentre un nuovo intervento è atteso oggi per Christine Lagarde (il settimo intervento nelle ultime due settimane).

 

 

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