In un mercato decisamente in bilico, con le preoccupazioni per una prossima correzione che faticano persino a nascondersi, con l’equity Put/Call Ratio che mercoledì scambiava sui livelli mai assistiti in passato a ben $2 (ovvero i volumi delle put erano il doppio rispetto ai volumi delle call) è “normale” che le buone notizie macroeconomiche possano trasformarsi in pressioni al ribasso sui listini.
Una revisione al rialzo del prodotto interno lordo (PIL) del terzo trimestre ha rivelato una sorprendente tenuta dell’economia a stelle e strisce. Con il dato atteso al 2,9%, la pubblicazione ha invece evidenziato una crescita ad un tasso annuo del 3,2% nel terzo trimestre. Il mercato del lavoro, a sua volta, continua ad essere “troppo” resiliente, con le letture settimanali delle richieste di sussidi di disoccupazione che si sono assestate a 216 mila, rispetto ad attese di 222 mila. Infine, a contribuire alla pressione ci ha pensato il dato sull’inflazione maggiormente preferito dalla Fed, ovvero i PCE Core. Con le attese poste ad un calo nel terzo trimestre al 4,6% la lettura ha invece evidenziato una crescita del 4,7% (come da passato trimestre). Dati che confermano l’impegno della Federal Reserve ad aumentare i tassi d’interesse e a mantenerli più a lungo.
Il nuovo paradosso è che si desidera che l’economia entri in recessione, che la disoccupazione salga così che la Fed possa uscire dalla sua politica restrittiva e sostenere nuovamente il mercato a suon di liquidità.
Passano in secondo piano invece le pubblicazioni della Conference Board che, con il suo indicatore LEI (Leading Economic Index), evidenzia in maggior misura il rischio prossimo di una recessione. Lettura, quella di ieri, che ha visto una nuova correzione del’1% su base mensile e del 4,5% su base annuale del suo punteggio. Dal 1960 questo calo interannuale si è sempre verificato o in recessione o al massimo 3 mesi prima.
Anche il fronte societario non è stato di supporto all’umore dei mercati. Micron Technology è scivolata di oltre il 5%, portando dietro di sé l’intero comparto dei semiconduttori, dopo aver annunciato una perdita maggiore del previsto per il trimestre in corso. La società ha inoltre annunciato una serie di misure di riduzione dei costi, tra cui il licenziamento del 10% della sua forza lavoro, nel contesto della peggiore crisi degli ultimi dieci anni per le aziende di semiconduttori. Anche le azioni di CarMax sono scese di quasi il 7% dopo che il rivenditore di auto ha disatteso le già pessimistiche previsioni di Wall Street sui ricavi e sugli utili del terzo trimestre. Infine, nuove vendite sul titolo Tesla, dopo aver annunciato sconti su alcuni modelli e con nuove indagini su un incidente che vede coinvolta una Tesla Model S e il suo autopilot.
Le buone notizie invece riguardano il venir meno del rischio di shutdown in America, con il Senato che ha approvato la legge di finanziamento del governo da 1.700 miliardi di dollari. Ora si aspetta l’approvazione solamente alla Camera.
Oggi inizia il periodo del cosiddetto Rally di Santa Claus, che vede gli ultimi cinque giorni di negoziazione dell’anno e i primi due dell’anno successivo. Storicamente risulta che questi sette giorni, dati dal 1950 ad oggi, sono stati piuttosto allegri, offrendo in media un rendimento del +1,33%. Rendimenti positivi che si sono verificati il 79% delle volte. Attenzione tuttavia a come, nelle ultime cinque volte in cui il periodo è stato negativo si è assistito a cali per il mese di gennaio.
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