Giovedì 18 febbraio, la segretaria del Tesoro USA Janet Yellen ha appoggiato il pacchetto di stimoli all’economia da 1,9 trilioni di dollari voluto dal presidente Biden, sottolineando come questo sia necessario per rispondere alle difficoltà che il popolo americano sta affrontando. Yellen ha inoltre respinto l’ipotesi che gli stimoli possano causare un futuro aumento incontrollato dei prezzi, sostenendo che i benefici saranno superiori ai costi. Il pacchetto di aiuti da quasi 2 trilioni di dollari si aggiunge alle previsioni dell’ufficio di bilancio del Congresso americano, che per il 2021 stimano un debito pubblico superiore all’intero PIL, a causa dei disavanzi accumulati negli anni dalle amministrazioni sia democratiche che repubblicane.
Ad appena un mese dall’insediamento di Biden alla Casa Bianca, questo pacchetto rappresenta la prima legge importante sottoposta alla votazione del Congresso. I primi trenta giorni del nuovo presidente sono stati segnati principalmente da 50 azioni esecutive, tra le quali 32 ordini esecutivi, molti dei quali emessi allo scopo di annullare le politiche del suo predecessore e dare slancio alle politiche sociali ed economiche sulle quali ha fondato la sua campagna elettorale.
- Crisi climatica: rientro nell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico, revocar dell’autorizzazione alla costruzione dell’oleodotto Keystone XL, sospensione delle esplorazioni nel Parco nazionale dell’Artico, cambiamento climatico come questione di sicurezza nazionale, impegno nell’investimento in energie rinnovabili.
- Immigrazione: stop alla costruzione del muro al confine con il Messico, autorizzazione al conteggio degli immigranti clandestini nel censimento federale, rielaborazione del programma per il reinsediamento dei rifugiati, rinvio dell’espulsione per i migranti arrivati in età infantile, cancellazione del divieto di ingresso da determinati paesi, creazione di una task force per il ricongiungimento delle famiglie separate al confine, fine del programma “Remain in Mexico”, applicazione meno aggressiva delle norme in materia di immigrazione.
- Risposta alla pandemia di Covid-19: creazione di un ruolo di coordinatore per rispondere al Covid-19, uso obbligatorio delle mascherine in luoghi pubblici, soluzione alla carenza di approvvigionamento di dispositivi anti-Covid, aumento dei test, migliorare la raccolta e l’analisi di dati relativi al Covid, eseguire 100 milioni di vaccinazioni in 100 giorni, assistenza per la riapertura delle scuole in sicurezza, obbligo delle mascherine su vari mezzi di trasporto pubblico, rientro nell’Organizzazione Mondiale della Sanità.
- Parità etnica e di genere: promozione della parità etnica all’interno della struttura governativa federale, scioglimento della Commissione dei Cinque, lotta alla discriminazione per genere e orientamento sessuale, annullamento del divieto di arruolarsi nei corpi militari statunitensi per le persone transgender, disposizioni al Dipartimento per la casa e lo sviluppo urbano per affrontare le pratiche discriminatorie nell’assegnazione degli allogi, lotta al razzismo contro isolani del Pacifico e asioamericani, tutela delle comunità LGBTQ+ in tutto il mondo.
Una risicata maggioranza democratica al Congresso
Il 5 febbraio scorso, la Camera dei Rappresentanti e il Senato di Washington hanno approvato risoluzioni che consentono al Congresso di far passare il pacchetto di stimoli anche con una maggioranza semplice, attraverso un processo legislativo denominato budget reconciliation (riconciliazione del bilancio). Normalmente, una proposta di legge deve ottenere 60 voti di maggioranza al Senato per poter essere approvata; tuttavia, avendo i Democratici il controllo di entrambe le camere del Congresso, essi hanno colto l’occasione per portare avanti la loro agenda senza dover giungere a compromessi con i Repubblicani.
La maggioranza del Partito Democratico al Congresso è però piuttosto risicata, soprattutto al Senato, dove il vantaggio è di un solo seggio. All’interno di un’atmosfera partigiana che pervade le stanze del Congresso, il programma del presidente Biden, in particolare per quanto riguarda i suoi aspetti più progressisti, rischia di poter progredire solo finché l’ala più moderata dei parlamentari Democratici sarà disposta a sostenerlo.
“Vacci piano, Joe”
In soli sette giorni dall’inizio del suo mandato Biden ha firmato 17 ordini esecutivi, spingendo il New York Times a commentare: “Ease up on the executive actions, Joe” (“Joe, vacci piano con le azioni esecutive”). Il consiglio di redazione prestigioso quotidiano ha invitato così il presidente a portare avanti il suo programma attraverso il processo legislativo del Congresso, i cui effetti sono più duraturi, invece che attraverso azioni esecutive, che possono essere facilmente annullate da una nuova amministrazione.
È stato lo stesso Bide ad ammetterlo, dopo aver firmato azioni esecutive in materia di lotta al cambiamento climatico mirate a cancellare molti dei provvedimenti adottati da Trump: il neopresidente ha infatti dichiarato che, sebbene la sua amministrazione sia determinata a contrastare come mai in passato l’emergenza climatica, per affrontare molti dei problemi all’ordine del giorno sarà necessario approvare delle leggi ad hoc.
Gran parte degli ordini e delle azioni esecutive di Joe Biden è concentrata in un numero ristretto di aree: risposta alla pandemia, parità etnica e di genere, politiche sull’immigrazione e crisi climatica. Anche se molte di queste iniziative avranno, in un modo o nell’altro, una ripercussione sull’economia, saranno soprattutto le misure legate alla crisi climatica ad avere l’impatto maggiore sulla spesa federale e sullo stanziamento delle risorse.
Crisi climatica ed energie rinnovabili al primo posto
In uno dei suoi primi interventi da presidente, Joe Biden ha dichiarato che gli Stati Uniti sarebbero rientrati nell’accordo di Parigi sul cambiamento climatico. Pochi giorni dopo, ha firmato un ordine esecutivo volto ad affrontare la crisi climatica, dichiarandola un elemento fondamentale delle sue politiche estere e di sicurezza nazionale. L’ordine esecutivo ha quindi istituito un ufficio per le politiche ambientali all’interno dell’ufficio esecutivo del presidente, annunciando la futura nomina di un consulente nazionale per il clima.
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Investimenti massicci nelle energie rinnovabili
Durante la campagna elettorale, Joe Biden ha annunciato un piano da 2 trilioni di dollari per affrontare l’emergenza climatica e, una volta arrivato alla Casa Bianca, non ha perso tempo per metterlo in atto. Gli ordini esecutivi di Biden sono incentrati su due punti principali: primo, coordinare tutte le componenti del governo federale per combattere la crisi climatica, stimolando e incoraggiando innovazione e nuove tecnologie per la produzione di energia pulita, utilizzando il potere del governo federale in termini di approvvigionamenti per investire in dispositivi alimentati da energia pulita;
Il secondo punto è dedicato all’industria dei combustibili fossili, revocando autorizzazioni come quella per la costruzione dell’oleodotto Keystone, sospendendo le nuove concessioni di terreni demaniali per i settori del petrolio e del gas, e interrompendo altri investimenti che potrebbero facilitarne l’espansione. Un documento pubblicato dal Ministero degli Interni USA specifica che l’interruzione riguarda solo le nuove concessioni, e che l’industria del gas e del petrolio dispone già di 7.700 autorizzazioni alle esplorazioni approvate e non ancora utilizzate. Stando a quanto riportato da Reuters, il presidente esecutivo di Devon Energy ha dichiarato che le autorizzazioni concesse alla sua società saranno sufficienti per continuare le attività di trivellazione per almeno altri quattro anni. È più o meno dello stesso avviso anche EOG Resources, mentre Occidental ha fatto sapere di disporre di oltre 200 autorizzazioni approvate. A essere più preoccupate per la sospensione delle autorizzazioni sono invece le piccole imprese del settore.
Il futuro è ancora ignoto
Benché il pacchetto di stimoli possa superare alcuni ostacoli, è ancora poco chiaro se il presidente riuscirà o meno a realizzare tutti i suoi obiettivi. È in dubbio, ad esempio, l’aumento del salario minimo a $15 all’ora, caldeggiato da tempo dai progressisti. In futuro, Biden si impegnerà sicuramente a portare avanti la propria agenda sul clima, ma avrà bisogno del supporto di parlamentari Democratici chiave che rappresentano gli Stati e i distretti produttori di carbone e combustibili fossili.
I parlamentari democratici del Texas hanno già espresso la loro preoccupazione commentando i programmi di Biden per petrolio e gas naturale, sostenendo che causeranno la perdita di posti di lavoro nel loro Stato. D’altra parte, i sostenitori dell’energia pulita sono incoraggiati dal corso intrapreso dalla nuova amministrazione. Le associazioni che rappresentano le principali compagnie aeree si augurano che la nuova amministrazione, in modo da permettergli di rispetare i limiti imposti alle emissioni.
L’impatto economico delle politiche di Biden potrebbe essere duplice: da un lato, un settore delle energie rinnovabili in grande sviluppo, grazie ad investimenti massicci da parte del governo federale; dall’altro, un’industria petrolifera strozzata da normative e ostacoli mirati a ridurne la produttività, con una conseguente perdita di posti di lavoro.